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Il mare – Affogato

disperazione

È affogato. Affogato. Aff…Le parole le si strozzavano in gola. Poi riprendeva. È affogato. Aff…Non riusciva a dirlo troppe volte. Il rombo del mare troppo vicino. Troppo lontano.

ritrovamento

La trovarono così, fredda dopo una notte passata all’addiaccio e palpitante. Palpitante e fioca, la voce continuava a ripetere senza tregua quell’unica parola. Sulla riva, il profumo salato dell’oceano. Lei appiccicosa di acqua e infarinata di sale.

tentativo di parola

–        Parlami, dimmi qualcosa.

 

È affogato affogato               Affogato.

–        Nel mare…

–        …

Ma dove altro si può affogare?

indubbiamente

Tutti gli occhi addosso. Aveva bevuto un po’ troppo, indubbiamente. La spiaggia era gremita, e ad essa partecipava l’intera estate. Tutti in vacanza, brilli, Eva non era da meno. Le feste in spiaggia, riti tribali per ingraziarsi le potenze del mare. Cominciò a dimenare i fianchi, i fremiti dell’alcool che scorreva nelle vene assieme alla musica. Tutti gli occhi addosso. Mentre ballava.

Non riusciva a smettere. Lei non c’era, c’era solo l’alcool e lei non riusciva a smettere. La festa il mare Eva. Il suo sedere si muoveva da solo, coinvolgendo tutti senza invitare nessuno. Così era cominciato il suo strip-tease. Pochi indumenti da togliere, le sembrava di scartare una tavoletta del suo cioccolato preferito e invece non era che lei. Succosa come una mela, la belle bronzea per effetto del sole. Marrone, voglio diventare marrone, diceva. Il marrone è il colore della terra, più rassicurante del cobalto insidioso e senza fine del mare. Cobalto. Blu. Profondità. Continuò ad agitare i fianchi senza più alcuna coscienza di sé.

il mare scruta

Stava sul lettino ad attraversare il pomeriggio. Il lettino era davanti alla riva. Il mare coi suoi occhi di un blu accecante la stava a guardare. Allungò il corpo sotto il sole. Ogni giorno va bene quando si è in vacanza. Ogni giorno per lei era liscio come un fiume. Fiume, il mare no, è troppo imprevedibile. Il fiume, meglio. Il mare è la dimora dei mostri e dei giganti, come Moby Dick. Delle meduse, poi, aveva una paura…Quei viscidi esseri, genitrici di bruciore e prurito. È più bello il sole, da guardare. Più sicuro. Mise gli occhiali con da sole e scrutò nel cielo alla ricerca di un angolatura da cui il sole non la accecasse. Di fronte, il mare scrutava lei.

davanti al mare

Non ricordava più bene. Tante domande. Farfugliamenti. I suoi. Gente che le si stringeva intorno, e si accalcava attorno alla riva, e chiamava. Il mare. Aiuto. Soccorso. Lei non ricordava niente.

può succedere di tutto

La spiaggia, la musica, il mare che guardava. Il suo occhio sopra tutto. La sua immagine, le onde, braccia ad arrestare l’avanzata della spiaggia. Mentre ballava tutto aveva assunto colori brillanti, spropositati, riflessi stroboscopici. Il mare. Forse avanzava. Stava avanzando? Era così. Doveva. Per forza. Corse verso il mare. Addosso aveva solo il pezzo di sotto del costume.

dove

–        Fermati, dove stai andando?

Una voce la chiamò. Era forse quella del mare? Di certo se il mare avesse avuto una voce umana sarebbe stata quella, di quel ragazzo dai capelli neri. Al buio, fuori dalla portata del chiosco, il nero dei suoi capelli somigliava stranamente al verde scuro delle alghe sulla riva. Il ragazzo la inseguiva. Cosa voleva? Le riportò i vestiti. Li teneva stretti in una mano, penzolanti all’ingiù come poveri stracci. In effetti non erano che quello. Ricchi stracci, però, nelle sue mani di ombra.

Le venne incontro. Aveva l’aria di dirle Sei ubriaca ma non importa.

Nulla ha importanza davanti al mare.

–        Potevi vedertela brutta in mezzo a quel popolo di ubriachi.

Le disse soltanto.

Fu a quel punto che lei si spaventò.

Dopo avrebbe urlato.

Oh, se avrebbe urlato.

il mare

–        Forza, vieni qui, vieni con noi.

Braccia che la raccoglievano. Un asciugamano sulle spalle.

–        Ma cos’è successo?

Qualcuno.

–        Ha dei documenti, signorina?

Non sapeva, doveva aver perso la borsetta. Mentre ballava non si era curata di nulla.

 soprattutto chiama la paura

Gli disse che aveva paura.

–        Di cosa?

Le pareva di aver visto qualcosa in fondo, nel mare, ed era corsa verso quella direzione. Per questo era là.

Lui la guardò con l’aria di non credere alle parole allarmate di una ragazza ubriaca. Ma qualcosa nel suo sguardo dovette convincerlo.

Lei tremava da capo a piedi. I suoi occhi avevano il blu del mare che dà vita all’universo, marino.

–         Mi chiamo Adam.

Le porse la mano.

–         Dimmi cosa hai visto.

Descrisse qualcosa che non sapeva neanche lei.

–         Va bene, aspetta.

Corse verso il nero della nottemare e si tuffò. Il marenotte lo inghiottì.

Non ne uscì più. Adam! Davanti agli occhi non vedeva che mare. Mare. Nient’altro che mare.

Per chi non conosce il mare forse è meglio non addentrarvisi troppo. Forse era questo che voleva dire il mare.

 

Disperazione. Ritrovamento. E tentativo di parola.

Indubbiamente il mare scruta.

Davanti al mare può succedere di tutto.

Dove il mare, soprattutto, chiama la paura.

 

Per chi non conosce il mare.