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Piangere è un po’ cacare

Photo by nerdontheinside

C’erano poi quei giorni in cui una batosta tira l’altra e così via, finché si ritrovava col cuore colmo di lacrime inesplose. Certe volte le conservava gelosamente fino a sera, per poi sfogarle tutte insieme in un putiferio silenzioso.

Era un po’ come andare di corpo – diceva – ; tutti i mali ingeriti durante la giornata trovavano sfogo nel bagno di casa: proprio come se pisciasse o cacasse per espellere dall’organismo le sostanze nocive. L’unica differenza era che lei cacava e pisciava dagli occhi tutta la merda che le bruciava rovinosamente nel petto.

Ché poi non ci voleva niente per  piangere di sera. Si lasciava stimolare da una qualsiasi emozione e in genere bastava una canzone per scoppiare. Il tempo di muovere la commozione, di risvegliare il nodo in gola e schioccare la lingua per frenare il singhiozzo. Poi una corsa al cesso e via:  si chiudeva in quel bagno e tappava il lavello, per vederlo riempirsi di lacrime fino all’orlo. Davanti agli altri non avrebbe mai potuto, per carità. Troppo pudore. Solo lei poteva esserci e a stento si guardava nel suo specchio di sale.

Evacuando il dolore dagli occhi si ripuliva dai dispiaceri. Vomitando il male, si purificava l’umore.