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La morte, bella.

Fuori la neve dentro il sole.
Fuori la neve… dentro il sole.
Il telefono squillava: riattaccavi.
Il Lampadario vibrava, lo bloccavi.
Le nostre foto dentro la vetrina erano incollate al fondale di legno.
L’aria non mancava, il freddo della neve picchiante non filtrava sotto i finestroni, la gente moriva come le foglie spente della quercia della Villa.
I panni erano gelati.
Le stagioni, i campi di mandarini, le fave, i piselli, le nespole non avevano il tempo di cadenzarsi: nespole mature poi morte, fave mature poi morte.
Non esisteva il mangiare.
Guarda quanto è bella la morte, la morte è come la neve… non esiste. Io e te esistiamo: la tua prima parola, il tuo primo ricordo e il tuo cibo preferito, il segreto siamo noi, noi e nessun altro.

E vedrò il Vallone e sarà nero, e la neve forse diverrà cenere di arancio. Le bucce da noi buttate nei pranzi.
Sei morta nel luogo sbagliato, senza la persona giusta.

Sei morta lontana da casa tua.