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Dacia Maraini. Scrivere per conoscere la realtà, per non dimenticare, per continuare a vivere.

Parlare di Dacia Maraini (Fiesole 13 Novembre 1936) mette sempre un po’ a disagio poiché si corre il rischio di frammentare eccessivamente la sua vasta opera tralasciando o dimenticando qualche particolare. Dacia Maraini a mio avviso non è solo una eccellente scrittrice ma la scrittura stessa che diventa persona e si sviluppa in tante forme per un intimo, dirompente bisogno di conoscere. La sua vastissima produzione spazia dai romanzi alle opere teatrali dai reportage alla poesia. Non si può certo dire che la signora dagli occhi cerulei così vivaci e penetranti, abbia avuto poche occasioni per alimentare la sua innata indole creativa. Suo padre Fosco è stato uno dei più famosi etnologi italiani, ben noto in tante Università straniere e la mamma Topazia Alliata era una pittrice di nobili origini siciliane. Tutta la famiglia Maraini (Dacia aveva altre due sorelle) visse molti anni in Giappone per le ricerche paterne sulla tribu degli Hainu e la vita in quel paese offrì alla piccola Dacia molti spunti di riflessione e la conoscenza della cultura orientale. Fu l’esperienza in un campo di concentramento a Tokio tra il 1943 ed il 1945 a segnarla particolarmente. La fame patita in quel biennio associata alla assoluta fermezza dei genitori nel contrastare qualsiasi adesione al nazifascismo rafforzarono il suo carattere fiero ma disponibile al confronto. Frutto di quella esperienza fu la raccolta di poesie “Mangiami pure” pubblicata nel 1978. Una volta rientrati in Italia dopo la guerra, i Maraini ripararono a Bagheria nella villa dei nonni materni. In terra sicula Dacia riscoprì le sue origini e restò molto affascinata dalla epopea della famiglia Alliata benché ebbe l’amaro incontro con la mafia locale che ancora oggi contrasta in molti suoi Saggi. Proprio in “Bagheria” del 1993 racconterà in forma romanzata gli anni vissuti in Sicilia. Alla Maraini la vita facile non è mai piaciuta anche perché la sofferenza del distacco dalle persone amate, le difficoltà economiche, i successi si sono alternati quasi come un appuntamento dagli anni giovanili sino alla fine degli anni “90.
Dopo la separazione dei genitori scelse di andare a vivere a Roma con il padre Fosco e nella capitale ebbe modo di approfondire i suoi studi umanistici frequentando al contempo un ambiente intellettualmente stimolante pur dividendosi tra lavori modesti e la conduzione della rivista “Tempo di letteratura”. Ventenne, iniziò a collaborare con la rivista “Nuovi Argomenti” e “Il Mondo”. Negli anni “70 partecipò con passione ed interesse al fervore culturale di quegli anni non trascurando le correnti europee; pubblicò molti romanzi i più celebri dei quali furono “Memorie di una ladra” del 1972, “Donna in guerra” del 1975. Ad ispirare questi ed altri romanzi sono state ,nella quasi totalità, le vicende reali di donne conosciute personalmente, come nel caso di Teresa la protagonista di Memorie di una ladra che dopo alterne drammatiche vicissitudini finì nel carcere femminile di Pozzuoli.
Scritti non soltanto per tracciare il profilo sociale ed emotivo di storie borderline, questi libri esprimono una tenerezza ed una pietas che intendono denunciare una società maschilista che inevitabilmente crea donne vittime e mai eroine. Sempre nella metà degli anni “70 fondò il Teatro della Maddalena diretto e frequentato da sole donne dove portò in scena assieme a classici del Teatro del “900 anche due opere personali “Manifesto dal carcere” e “Dialogo di una prostituta con il suo cliente”. Ancora oggi il suo impegno nel Teatro si traduce in interesse sociale dando voce alle donne che non ne hanno.
Complice la frequentazione con Alberto Moravia, che la preferì come compagna ad Elsa Morante di cui la stessa Maraini fu grande ammiratrice, la giovane Dacia continuò ad approfondire i suoi studi sulla cronaca dei maltrattamenti a donne e bambini e di altre realtà disagiate delle città in cui visse o soggiornò come Roma, Napoli, Firenze ma anche nei suoi viaggi in Africa ed Asia. L’amicizia ed il sodalizio professionale con un altro grande della letteratura Italiana, Pier Paolo Pasolini ha lasciato un segno indelebile nella sua formazione di sceneggiatrice teatrale allora come oggi , e ricorda il suo amico con queste parole: “il suo silenzio era un silenzio accrescitivo, che diceva tanto e la sua gioia di vivere era contagiosa”.
L’amore è ricorrente nelle storie della Maraini forse perché lei stessa di amore ha vissuto e sofferto, essendo sopravvissuta a quasi tutti gli uomini a cui fu legata da ardente passione.
Negli anni “80 e “90 i suoi romanzi sono quasi tutti incentrati sull’amore ma le forme e gli esiti inizialmente declinati con lirismo si traducono in denuncia della sofferenza e dell’affronto di esperienze soffocanti e violente. “Storia di Piera” del 1980, “Isolina” premio Fregene del 1985, “la lunga vita di Marianna Ucria”, premio Campiello nel 1990, sono alcune delle stelle del firmamento femminile di Dacia Maraini, che ha voluto ,attraverso ciascuna di loro, denunciare una cultura, uno stile di vita, talvolta una diversità sfruttate e vituperate abilmente da uomini imbestialiti al punto di violare continuamente l’altra metà del cielo. Negli ultimi vent’anni la scrittrice fiesolana si è occupata alternativamente di violenza sui minori, formazione e di questione della scrittura partecipando a dibattiti anche televisivi su ciascun tema. Così si ricorda “Buio”, raccolta di casi di cronaca di violenza sui bambini che fu impalmato del Premio Strega nel 1999, oppure “Amata scrittura” pubblicato nel 2002 a seguito di una fortunata trasmissione televisiva da lei condotta (“Io scrivo, tu scrivi”, Ndr) . Ma i ricordi, la nostalgia di un fulgido passato tra luoghi del mondo e dell’anima sopraggiungono in questi ultimi anni in cui accanto all’impegno sociale ha ricostruito come per il bisogno di imprimerli nella memoria e condividerli con i suoi lettori, gli eventi e le persone che come un fiume tortuoso le hanno procurato grandi emozioni. Così nel 2011 viene pubblicato “La grande festa” quasi un libro testamento dedicato alle persone che ha amato e da cui è stata amata. Recentemente, a fine 2012 invece è stato portato alle stampe un altro successo: “L’amore rubato” in cui vengono proposti una serie di racconti a sfondo drammatico liberamente tratti da vicende di cronaca tanto assurde e devastanti da sembrare inverosimili. Anche in questo caso la Maraini ha la capacità di portare il lettore nel cuore della vicenda spesso portandolo emotivamente all’acme della sofferenza provata dagli stessi protagonisti.
Il suo inconfondibile savoir faire, la sua flemmatica e rassicurante espressione sono noti ed apprezzati dal suo pubblico ma dai tanti intellettuali che la ammirano per le sue personali battaglie a favore di una cultura che sia per tutti e contro la violenza di genere. Sogniamo e speriamo suoi lettori ed ammiratori che un giorno il suo talento possa essere incoronato da uno dei premi più ambiti, il Nobel per la Letteratura. C’è da auguraglielo davvero.