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Prelibatezze della Storia: una ricetta di gusto storico

Sapevate che l’irrinunciabile abitudine di bere caffè ha avuto inizio con un monaco che voleva far restare svegli i confratelli durante le preghiere? Che si è tentato, a livello politico, di bloccarne la diffusione perché il caffè favoriva la conversazione e quindi lo scambio di idee e la critica?

Che l’italianissimo cappuccino è stato inventato da un polacco dopo l’assedio di Vienna da parte dei Turchi?

La gastronomia e la storia si sono spesso intrecciate a tavola, dove accadono avvenimenti disparati, banchetti, certo, ma anche grandi decisioni, accordi, si legano rapporti “strani” (come fra il grande cuoco Carême e Talleyrand) che mescolavano cucina, diplomazia e spionaggio. La storia della gastronomia quindi procede di pari passo con quella dell’uomo: basti pensare a quanto le religioni abbiano influenzato il modo di mangiare dei fedeli e a come le migrazioni delle popolazioni nel mondo abbia comportato cambiamenti sulle tavole –e quindi sul commercio, sull’economia e sulla politica- di chi lo spostamento subiva ma anche degli stessi migranti. Come si sarebbe evoluta la cucina europea senza le patate, i pomodori, i fagioli o il mais, il cacao e le spezie provenienti dalle incursioni europee in America del Sud?

Siamo ciò che mangiamo, è innegabile, e la storia si può ridisegnare attraverso i piatti che sono stati condivisi alle mense dei potenti o nei ranci delle truppe: è questa la tesi che anima Prelibatezze della Storia, opera di Jean Vitaux, noto gastroenterologo e gastronomo francese.

Guerra o armistizio, legge o trattato, le più importanti decisioni vengono prese a tavola e dipendono anche da ciò che si mangia. L’episodio che spinse i senatori romani ad intraprendere le guerre puniche, con il loro carico di morte e distruzione, è legato ad un fico precoce. E probabilmente una guerra è stata persa a causa di un eccesso di una salsa creata per il Maresciallo Richelieu, pronipote del Cardinale, grande viveur e guerriero: la maionese.

Affrontare la storia dal punto di vista evenemenziale e gastronomico è quindi partire dagli aspetti del quotidiano per giungere a capire un popolo e la sua storia politica e sociale. L’Italia in particolare è un caso a livello europeo, perché non ha saputo integrare le varie particolarità regionali in una sola cucina nazionale, ma ne ha conservato tutte le peculiarità locali in maniera parallela. Tutto all’opposto della Francia che ha invece creato una cucina e una gastronomia nazionali: questo “atteggiamento” non rispecchia forse la situazione e la storia di un paese come il nostro, legato ai regionalismi e poco incline a riconoscere la centralità dello Stato come invece accade oltralpe da secoli?

Nel suo saggio godibile come un romanzo ma intriso di avvenimenti documentati, Jean Vitaux ci racconta con garbo e umorismo una storia a portata di mano, un insieme di piattini dal sapore agrodolce che ci mettono a tavola accanto a re e diplomatici, condottieri e soldataglia, grandi cuochi e massaie e ci fa gustare episodi nascosti o poco conosciuti su cibi e personaggi molto noti. Storie gustose da condividere con i commensali, durante un’ottima cena, passandovi il sale o sbucciando un frutto.

A questo proposito, vi hanno mai detto che l’ascetico, il severo, il temuto Robespierre era considerato dai suoi contemporanei un gaudente perché mangiava decine di arance per schiarire il colorito della pelle?