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“Solo” di Edgar Allan Poe

Non mi importa che la mia terrena sorte,

abbia, della Terra, poco avuto

e che anni d’amor si sian dissolti

nel delirio di un minuto.

Non mi importa che il meschino

rispetto a me felice e dolce stia

ma che tu ti immischi al mio destino

per cui son di passaggio, sulla via.

Non mi importa che le fonti della gioia

zampillino, ahimè, di lacrimare

che il tremor di un bacio

scosse tanti anni in tristo andare,

ne che i fior di venti primavere,

che appassiti son mentre crescevan,

giacian morti nel mio cuore

con il peso di stagion ricolme in nevi

e manco che l’erba, oh! Attecchir possa!

Sulla mia tomba stia crescendo o sia cresciuta.

Ma che , star da solo io non possa,

mentre son vivo e morto, amata mia perduta.

 

Edgar Allan Poe

 

Un poeta sublime e straordinario esprime l’ansia della solitudine.

Edgar Allan Poe, eccelso nome della letteratura di tutti i tempi, è stato in grado di delineare in pochi tratti sentimenti bellissimi, immagini sottili inserite in componimenti stilisticamente raffinati.

In questo caso, entro la cornice di un testo dalla struttura metricamente scandita, costernata da un lessico ricercato, traspare un’angoscia esistenziale, comune a molti uomini: quella di restare nel silenzio, soli. Di passaggio sulla via della vita, è ineluttabile infatti l’esigenza di non camminare da soli, in qualche modo di condividere la fatica della percorso.

Anche se talvolta la vita ci riserva delle ardue prove, benché ci troviamo spesso dinanzi a pesi gravosi da sopportare , sebbene anche esperienze felici possano trasformarsi in episodi infausti, il poeta si augura di non restare mai solo, di non sperimentare mai l’assenza dell’altro, del compagno, forse anche del nemico.

Ma la solitudine più tremenda è senza dubbio quella dell’amore. Anche di fronte ad esperienze fallimentari, alla sofferenza che tante volte questo sentimento provoca, esso rimane il centro della vita, di un’esistenza che sia degna di essere definita tale.

E allora ecco che ci affanniamo a cercare ciò che ci manca, tendiamo finanche a dimenticare le pene e il dolore pur di non rimanere privi della compagnia e del calore dell’amato.

Una poesia che mette a nudo l’anima del suo poeta, che porta sulla scena un uomo che non ha paura di mostrarsi nella parte più umana e intima di sé, che ci racconta lo sgomento che può nascere in una vita che resta silente.

Un tema comune, come quello della solitudine, trova qui un’espressione esemplare. Leggerlo ci riporta ad una visione più positiva del nostro prossimo, cosicché l’altro assume un valore diverso, semplicemente ma significativamente umano.