Non di questo presente ora bisogna
vivere -ma in esso sì- non c’è modo
pare, d’averne un altro, non c’è chiodo
che scacci questo chiodo. Né chi sogna
va meglio, che le più volte si infogna
a figurarlo, e fa più groppi al nodo
se cerca di disfarlo (sta nel todo
che si crede nel nada, sempre) o agogna
ma con che lama? troncarlo. La mente
infortunata non ha altra fortuna
dunque, che nel pensiero? Certo a niente
più la mia si consiglia che sei in una
disposizione o un offertorio gente
dispersa solennemente s’aduna.
Giovanni Raboni
C’ è, esiste forse un modo per fuggire una realtà che non ci è congeniale?
Giovanni Raboni si interroga. Esponente della generazione degli anni ’30, scomparso nel 2004, questo poeta è stato un importante nome della letteratura italiana contemporanea. La sua poetica porta il timbro dell’originalità, convinto com’era che la poesia non fosse uno stato d’animo, ma “un linguaggio diverso da quello che usiamo per comunicare nella vita quotidiana e di gran lunga più ricco, più completo, più compiutamente umano; un linguaggio al tempo stesso accuratamente premeditato e profondamente involontario capace di connettere fra loro le cose che si vedono e quelle che non si vedono, di mettere in relazione ciò che sappiamo con ciò che non sappiamo”.
Autore dalla penna stravagante e nel contempo concreta dunque, come nel caso di questo componimento, nel quale sembra quasi che Raboni voglia fare ironia, probabilmente sarcasmo più che ironia, dato che alla fine ci strappa un sorriso amaro.
Il nostro poeta riflette sulla difficoltà di affrontare un presente indesiderato, un contingente che non ci soddisfa, nel quale tuttavia siamo costretti a vivere. Nell’incipit stesso si conclude anche il messaggio ultimo della poesia : “Non di questo presente ora bisogna vivere- ma in esso sì…”
Nella consapevolezza di ciò che ci è dato è insita l’unica chiave di volta per combattere ogni giorno. Infatti, dopo la prima strofa introduttiva ed esplicativa, è presentato uno stratagemma, seppur destinato a restare illusorio, per sfuggire, per evitare il presente.
Sebbene sia chiaro che non esiste “chiodo che scacci questo chiodo”, a volte cerchiamo di trasporre il reale nel sogno, nel vano tentativo di rendercelo migliore; tuttavia spesso non facciamo altro che intricare ancor più la matassa. Il nodo diventa impossibile da troncare, da disfare.
È anche vero che dare un significato a quello che viviamo non è facile, accettarlo diventa inverosimile. Ciò nonostante è importante comprendere che non dobbiamo vivere del presente, ma è ineluttabile starci dentro. Dobbiamo solo scegliere come abitarlo.
In effetti, di fronte all’angoscia di non poter vivere come si vorrebbe, certamente possiamo rielaborare il presente, cercare una via tra la “gente dispersa” per trovare il nostro posto nell’odierno che incombe.