Se per puro caso il 26 gennaio vi foste trovati a passeggiare per le strade di Mosca, e lo stesso caso vi avesse fatti trovare di fronte alla sede del Parlamento Russo, avreste assistito ad una sorta di flash mob, rinominato “kiss-in”, giocando sul nome della protesta non violenta chiamata invece sit-in. Avreste dunque potuto avvistare un centinaio di persone che baciavano, con tutta l’innocenza che un bacio può avere, una persona dello stesso sesso.
Lo so, ora penserete: “quanti giri di parole per riferirsi a qualche coppia gay”. Purtroppo non si può parlare in maniera scontata di questo argomento, raramente si è fatto e il futuro non sembra favorevole. Infatti il quadretto che vi ho appena descritto presentava una curiosa e spiacevole quanto anacronistica particolarità: un gruppo di attivisti della Chiesa ortodossa che, brandendo croci e icone sacre, aggrediva con uova e vernice, prima, e fisicamente poi i dimostranti impegnati nel bacio collettivo. È seguito ovviamente l’intervento della polizia che ha agito però solo sui partecipanti al kiss-in.
La protesta di queste persone nasce dal fatto che la Duma, nome del Parlamento Russo, ha approvato una legge anti-gay che vieta del tutto ogni forma di pubblica manifestazione d’affetto tra omosessuali e nega categoricamente la possibilità di parlare, discutere e alludere all’omosessualità. La motivazione?
“La propaganda omosessuale, così è stata infatti definita, limita il diritto dei minori a scegliere liberamente il proprio orientamento sessuale” (queste le parole della deputata del partito dell’opposizione “Russia Giusta”,Elena Minzulina).
Anche se questo scenario fa molto Medioevo con la caccia alle streghe, o ancor peggio ci ricorda il periodo nazista e la sua estrema selettività per “preservare la purezza della razza ariana” (della quale non furono vittime solo gli ebrei), tutto ciò accade oggi nel 2013.
Questa legge rappresenta una vera e propria chiusura verso il progresso e lo sviluppo sociale, e sul piano culturale provocherà sicuramente grossi danni.
Il cinema e la letteratura hanno spesso trattato questo argomento negli ultimi anni, ci hanno fatto scoprire delle realtà diverse e nuove, inizialmente impensabili, ma ci siamo abituati e abbiamo scoperto un nuovo punto di vista, o almeno è così che mi piace immaginare.
La legge di Putin mira unicamente a eliminare “il problema” non parlandone, seppellendolo sotto il peso del silenzio, imbavagliando i giornalisti e gli scrittori, censurando a priori un argomento che risulta scomodo, ma che in realtà è solo un altro modo di vivere l’amore. Putin e il suo partito hanno fallito sin dal principio, non volendo far parlare di omosessualità, hanno ottenuto il risultato opposto, oggi infatti i giornali di tutto il mondo non scrivono d’altro e si attivano per criticare questa ormai obsoleta decisione della Duma.
L’omosessualità, si sa, esiste in natura, esiste da sempre e da sempre si fonde con la letteratura. Quando la penna si fonde con l’amore produce perle e grandi capolavori, e non si ferma a guardare il sesso dei due amanti, ma va oltre. La letteratura è piena di questi esempi perché la censura, qualora ci fosse stata, non ha frenato l’arte. Grandi nomi hanno scritto di amori gay e magari essi stessi li hanno vissuti senza vergogna. Thomas Mann per esempio ha donato ai posteri “La Morte a Venezia”, un vibrante racconto pubblicato nel 1912 che inscena, in una Venezia in preda al colera, l’amore ossessivo di un uomo anziano nei confronti di un ragazzo, rappresentazione fisica della sua giovinezza ormai sfiorita.
“Maurice” di Edward Morgan Forster sembra invece dipingere un quadro che si ripropone da decenni, infatti un giovane si forma sullo stampo della borghesia del primo Novecento, ma nonostante la repressione, i suoi desideri omosessuali, dopo un principio di vergogna, lo spingono ad un coraggioso mutamento che lo porterà contro la morale ottusa della sua classe sociale: un’opera in cui desiderio e amore manifestano la solitudine e la sofferenza nell’impossibilità di viverlo alla luce del sole.
Volendo tornare indietro di molti secoli si potrebbe citare il “Satyricon” , l’opera del poeta latino Petronio, personaggio tanto brillante quanto elegante e raffinato, vicinissimo all’imperatore Nerone, che in seguito gli impose il suicidio. Petronio racconta le avventure dei giovani Encolpio, Gitone e Ascilto attraverso viaggi, amori, gelosie e tradimenti spesso di carattere omosessuale (siamo nel I secolo d.C.! ).
Aldo Palazzeschi, con il romanzo “Riflessi” del 1908 e la raccolta “Poemi” dell’anno seguente, fu il primo nell’Italia del Novecento ad affrontare le tematiche omosessuali. Dopo di lui Umberto Saba si presentò al mondo letterario con “Ernesto”, autobiografia che toccava esplicitamente il tema dell’omosessualità. Infine è bene citare un maestro del dopoguerra, Pier Paolo Pasolini che già nella prima produzione apre la strada a questo argomento, ma tra il 1955 e il 1959 con “Ragazzi di Vita” e “Vita Violenta” diviene tanto esplicito quanto angoscioso. Subisce il peso delle sue parole con processi contro la sua stessa persona e lascia incompiuto “Petrolio”, resoconto della sua omosessualità.
Pagine e pagine ricche di inchiostro e arte, opere in cui la scrittura diventa valvola di sfogo e dimostrazione dell’esistenza di una vita differente sotto le rigide imposizioni dei valori borghesi. Righe forse sconosciute agli individui che approvano queste leggi. Un grandissimo esempio della bellezza dell’amore, quello senza determinazioni o aggettivi, ma vero amore che si scontra con la durezza delle leggi di un’epoca ormai a noi lontana, questo esempio ce lo regala Oscar Wilde, in una lettera spedita al suo compagno dalla cella del carcere che lo imprigionava per la sua omosessualità. Questa lettera è stata letta anche da Roberto Benigni durante il Festival di Sanremo nel 2009.
Vi lascio alla sua lettura dicendovi che di fronte a scelte politiche, che mancano di acume e lungimiranza, preferisco abbandonarmi alla letteratura e alle splendide parole tracciate da uomini ai quali, dal modo in cui hanno sfidato la propria esistenza, va tutta la mia stima e la mia gratitudine.
“Carissimo ragazzo, questo è per assicurarti del mio amore immortale, eterno per te.
Domani sarà tutto finito. Se la prigione e il disonore saranno il mio destino, pensa che il mio amore per te e questa idea, questa convinzione ancora più divina, che tu a tua volta mi ami, mi sosterranno nella mia infelicità e mi renderanno capace, spero, di sopportare il mio dolore con ogni pazienza.
Poiché la speranza, anzi, la certezza, di incontrarti di nuovo in un altro mondo é la meta e l’ incoraggiamento della mia vita attuale, ah! debbo continuare a vivere in questo mondo, per questa ragione. Il nostro caro amico mi e’ venuto a trovare oggi. Gli ho dato parecchi messaggi per te.
Mi ha detto una cosa che mi rassicurato: che a mia madre non mancherà mai niente. Ho sempre provveduto io al suo mantenimento, e il pensiero che avrebbe potuto soffrire delle privazioni mi rendeva infelice.
Quanto a te (grazioso ragazzo dal cuore degno di un Cristo), quanto a te, ti prego, non appena avrai fatto tutto quello che puoi fare, parti per l’Italia e riconquista la tua calma, e componi quelle belle poesie che sai fare tu, con quella strana grazia che ti appartiene. Non esporti all’ Inghilterra per nessuna ragione al mondo.
Se un giorno, a Corfù o in qualche isola incantata, ci fosse una casetta dove potessimo vivere insieme, oh! la vita sarebbe più dolce di quanto sia stata mai. Il tuo amore ha ali larghe ed é forte, il tuo amore mi giunge attraverso le sbarre della mia prigione e mi conforta, il tuo amore è la luce di tutte le mie ore.
Se il fato ci sarà avverso, coloro che non sanno cos’é l’amore scriveranno, lo so, che ho avuto una cattiva influenza sulla tua vita. Se ciò avverrà, tu scriverai, tu dirai a tua volta che non é vero. Il nostro amore é sempre stato bello e nobile, e se io sono stato il bersaglio di una terribile tragedia, é perché la natura di quell’ amore non è stata compresa.
Nella tua lettera di stamattina tu dici una cosa che mi dà coraggio. Debbo ricordarla. Scrivi che é mio dovere verso di te e verso me stesso vivere, malgrado tutto. Credo sia vero. Ci proverò e lo farò. Voglio che tu tenga informato Mr Humphreys dei tuoi spostamenti così che quando viene mi possa dire cosa fai.
Credo che gli avvocati possano vedere i detenuti con una certa frequenza. Così potrò comunicare con te. Sono così felice che tu sia partito! So cosa deve esserti costato. Per me sarebbe stato un tormento pensarti in Inghilterra mentre il tuo nome veniva fatto in tribunale. Spero tu abbia copie di tutti i miei libri. I miei sono stati tutti venduti. Tendo le mani verso di te.
Oh! possa io vivere per toccare i tuoi capelli e le tue mani. Credo che il tuo amore veglierà sulla mia vita. Se dovessi morire, voglio che tu viva una vita dolce e pacifica in qualche luogo fra fiori, quadri, libri, e moltissimo lavoro. Cerca di farmi avere tue notizie. Ti scrivo questa lettera in mezzo a grandi sofferenze ; la lunga giornata in tribunale mi ha spossato. Carissimo ragazzo, dolcissimo fra tutti i giovani, amatissimo e più amabile. Oh! aspettami! aspettami! io sono ora, come sempre dal giorno in cui ci siamo conosciuti, devotamente il tuo, con un amore immortale
Oscar
(dal “De Profundis” 29 aprile 1895)