Pochissimi giorni fa un annuncio da parte di Amazon dell’uscita di un saggio –pubblicato non da un intellettuale, ma da uno “scrittorino” comunemente snobbato dall’élite culturale- ha suscitato grande scalpore negli Stati Uniti, gettando benzina su un rogo già alto da diverso tempo.
Il saggio è breve, venticinque pagine in tutto, quindi è pubblicato in formato Kindle Single, un formato recente ideato per un testo troppo lungo per esser pubblicato su un giornale, ma troppo breve per farne un libro, e venduto a poco più di un dollaro.
Ma non sono il formato o il prezzo a far discutere.
Lo “scrittorino” aveva fatto parlare di sé –oltre che per i suoi libri di poco conto- per un masochistico articolo in cui pregava (Tax me, for fuck’s sake!) il governo di tassare chi, come lui o come Mitt Romney, abbia un reddito più che elevato (superrichs). Perché è anche da dirsi che grazie a quei libri di poco conto, proprio il conto in banca dello scrittorino non è affatto trascurabile. Inutile dire le critiche che l’incauto non-intellettuale ha attirato su di sé.
Ma non sono le tasse invocate a far discutere, no.
Il punto è che i libri dello scrittore in questione narrano di violenza feroce, di follia omicida, di mostri reali e fantastici (dove i primi sono molto più temibili dei secondi); raccontano di padri che uccidono i propri figli, di donne martoriate, di bambini terrorizzati.
A tal punto che negli anni ’80 un suo racconto “Rage” (it. Ossessione, ed. Sonzogno, 1988) fu accusato di esser stato ispiratore di una uccisione in una scuola da parte di adolescenti nelle cui stanzette –oltre ai fucili a pompa, ovviamente- era stato rinvenuto il libro incriminato (e chissà, forse condannato alla sedia elettrica).
Inaspettatamente lo scrittorino, poniamo si chiami Stephen King, nel suo saggio Guns si dichiara nettamente contro la diffusione delle armi a ripetizione, attirandosi le ire funeste della National Rifle Association o NRA, l’associazione dei detentori di armi da fuoco che in questi giorni sta dando filo da torcere al Presidente Obama. Il quale povero Presidente, dopo l’ennesima strage in una scuola ad opera di un ragazzo (avvenuta in Connecticut, ben 27 morti poco più di un mese fa) , sta tentando seriamente di “proteggere i nostri figli” dalla diffusione indiscriminata almeno delle armi più pericolose, quelle armi che consentono di sparare senza ricaricare, permettendo anche a tiratori non abili di mietere un gran numero di vittime.
…affermare che la cultura americana della violenza è responsabile della stragi scolastiche è come se i dirigenti delle società produttrici di sigarette affermassero che l’inquinamento ambientale è la causa principale del cancro ai polmoni.
Entrambi, scrittore e presidente, combattono l’ipocrisia di quanti si appellano al Secondo Emendamento per giustificare la vendita, il possesso e l’uso di armi da guerra, singoli cittadini o politici.
Non ho sospeso la pubblicazione di Rage perché la legge me lo imponeva; ero protetto dal Primo Emendamento e la legge non poteva chiedermelo. L’ho sospeso perché secondo il mio giudizio poteva danneggiare la gente (…). Le armi da assalto rimarranno a facile disposizione di pazzi fino a che le forze pro-armi in questo Paese non decideranno di ripensarci come ho fatto io. (…) Devono dire “sosteniamo queste misure non perché la legge ci obblighi a sostenerle, ma perché è la cosa più sensata da fare”.
Fino a che non accadrà, le sparatorie continueranno.
Vi starete chiedendo perché ho scritto “alcune mamme” nell’occhiello.
Leggendo in rete sull’argomento, mi sono imbattuta in una discussione in un “Circolo di mamme”: leggete qui (Circle of Moms) come la pensano le mamme americane medie. Evidentemente i loro figli non frequentano la scuola elementare di Sandy Hook, in Connecticut.
N.B. Poiché il saggio non è stato ancora pubblicato in Italia, ho tradotto personalmente dall’inglese le frasi sopra citate.