Capita spesso, e credo a tutti, di passeggiare per le strade della propria città senza prestare molta attenzione ai dettagli e le particolarità che la costituiscono. Accade di frequente di non stupirsi di fronte alle piccolezze che la quotidianità frappone tra noi e i nostri impegni.
È vero, la vita è frenetica e tutti siamo sempre costantemente di corsa, ma questa non deve essere una buona scusa per non alzare lo sguardo, non può esserlo. Purtroppo siamo italiani, e dove non colpisce l’ignoranza ci riesce l’abitudine.
Tutti noi, da nord a sud, nasciamo e cresciamo in piccole e grandi città che inevitabilmente hanno subito e assaporato il passaggio della storia. Cresciamo in un ambiente così carico e pregno di storia e arte, che arriva un punto in cui ci fondiamo con questi elementi, facendoli nostri inconsciamente, e allo stesso modo arriviamo ad ignorarli, ci appartengono totalmente.
Non voglio parlare di grandi città, come Roma, Firenze o Napoli, che sono città che traboccano arte e bellezza, preferisco soffermarmi sui piccoli borghi, quelli dai quali potrebbe provenire chiunque tra noi. Tutti abbiamo in mente l’idea di “piazza”, di “corso” e di “vicolo”, questo anche se con stili diversi. I nostri centri abitati infatti si somigliano un po’ tutti, e nonostante il nostro cervello non dia più importanza a quel balcone barocco o alla statua del santo oramai sconosciuto ai più, quei dettagli esistono e fanno parte di noi e della nostra realtà, della nostra stessa cultura.
Il mondo però avanza e cambia velocemente, il modo di vivere e condividere le nostre esistenze viene modificato dal tempo, e nel bello a cui siamo abituati la modernità cerca di inserire nuovi e diversi elementi, in alcuni casi contrastanti con ciò che c’era prima.
Ed è proprio quello che in questi giorni sta accadendo a Urbino. Il centro storico della città dei Montefeltro infatti è costituito da elementi artistici unici, ambienti che caratterizzano la città marchigiana e la sua storia. Urbino è uno dei centri rappresentativi del Rinascimento italiano. Tra queste strade è possibile ammirare il Palazzo Ducale, oggi sede della Galleria nazionale delle Marche, la casa nativa di Raffaello e un monumento a lui dedicato sito in cima a via Raffaello, il Duomo in stile neoclassico, eretto tra il XVIII e XIX secolo, e la Chiesa di San Francesco, risalente al XIII secolo.
Alcune notizie, trapelate negli ultimi giorni, annunciano che presto cittadini e turisti, passeggiando tra i vicoli di questo incantevole borgo, si potrebbero ritrovare ad ammirare le artistiche linee del duomo accompagnate dall’eleganza di una grossa M dorata, insegna del conosciutissimo fast-food americano: Mc Donald’s.
Quella dell’apertura di un fast-food è solo una voce, ma questo non tranquillizza i cittadini di Urbino, i quali non vorrebbero mai e poi mai assistere alla commercializzazione del proprio borgo e della propria città. Il sito indicato sarebbe il Palazzo Liera, di proprietà dell’Ente Cattedrale che, di fronte all’opposizione generale, non ha confermato un’eventuale trattativa con il colosso americano. Intanto tra le grandi voci che si sono levate nella polemica ci sono quella della Confesercenti, una delle principali associazioni delle imprese in Italia, e quella del presidente Commissione Cultura, entrambi contrari.
Non ci vuole un grande intelletto per capire che enorme errore sarebbe quello di deturpare un sito unico come quello marchigiano, con un fast-food come se ne vedono ovunque. Eppure questo è accaduto già in altri grandi centri italiani. I ristoranti di Mc Donald’s e altre catene di fast-food si sono inserite nella ristorazione italiana da diversi decenni e ottengono grandi incassi. È un prodotto che funziona e risponde alle esigenze di tutte le tasche, ma senza parlare della qualità (argomento dal quale sorgerebbe una discussione infinita), potremmo parlare dell’impatto che questi hanno nelle località in cui sono più diffusi. Anche in questo siamo italiani, non possiamo farne proprio a meno, ci piace mangiare e mangiare bene. Da buoni italiani abbiamo alle spalle una grossa cultura culinaria espressa attraverso ottimi ristoranti, bettole e trattorie sparsi in tutto lo Stivale. Ogni città ha i suoi piatti che oggi combattono contro hamburger e quant’altro. Le piccole sfumature nostrane svaniscono lentamente di fronte a questi colossi, che mirano soprattutto alle giovani generazioni.
Vediamo città come Milano e Roma che sono oramai imbottite di fast-food, e osserviamo inermi oltre alla scomparsa di alcune tradizioni locali anche la svendita di edifici di grande storia e grande eleganza messi alla mercé di insegne luminescenti e contrastanti con tutto il resto che li circonda. Grande esempio può essere Piazza della Repubblica a Roma, ma anche Piazza di Spagna, oppure potremmo indicare i fast-food esattamente di fronte al Duomo di Milano e, sempre a Milano quello, pare in chiusura, nella Galleria Vittorio Emanuele II.
Si arriva ad un punto in cui non si può più parlare di cultura e tradizione, ma purtroppo soltanto di soldi e interessi.
Fortunatamente a Urbino si sta badando alle prime due, per il momento.