finì del tutto quando mi innamorai di un riso al curry.
omosessuale, certo. ma con me aveva fatto uno strappo alla regola. era così rassicurante.
avere a che fare con un omosessuale significa sentirsi proprio l’unica donna al mondo, anzi, l’unica sulla faccia dell’universo. non vuole di più, gli basti così perché sei già troppo. troppo per lui, che non chiede di più.
mi si inginocchiava davanti come se fossi la madonna e io ci credevo, per qualche istante. la luce della sua tv col volume abbassato mi faceva sentire azzurra, celestiale.
certe cose non le faceva: non si possono chiedere a chi sta facendo già uno sforzo per venirti incontro. ma mi amava. anche se ogni volta che mi toglievo i vestiti sembrava stupito di trovare delle cavità nel mio corpo senza spigoli. un po’ mi sentivo in colpa, un po’ mi sentivo una santa.
no, non l’ho convertito. gli ho solo regalato un po’ di competenza, uno strappo alla regola da raccontare nei secoli dei secoli amen.
finito tutto, mi veniva fame di riso al curry.
il riso ha un tempo di cottura perfetto per starsene a pensare, a girare il mestolo di legno. rigorosamente di legno. il riso è ottimo per restare in piedi a meditare sulle cose. anzi, sulla cosa. più di una volta non ce la faceva.
io sì, invece. un piatto, due piatti, tre piatti di riso al curry. soffritto, cipolla, acqua, curry, burro,
riso, un po’ di panna. erano i primi anni novanta, la panna andava ancora.
qualche volta lo mangiava con me. qualche volta mi aiutava, girava il mestolo mentre io sedevo.
oppure mi leggeva qualcosa di molto difficile, qualcosa che fingevo di capire annuendo con la testa al ritmo del mestolo. o mi raccontava di un suo amante di venezia, che ogni tanto ricompariva nella sua vita e lo faceva soffrire. in quei momenti avrei voluto abbracciarlo, ma il riso tendeva ad attaccarsi.
lui credeva che il mio riso fosse un regalo, una tenerezza.
il mio piatto preferito, il mio cavallo di battaglia.
non era così. non è mai un cavallo di battaglia, e non è mai per gli altri. era per me, ed era solo cibo, e nemmeno il mio preferito. nessuno sa qual’è il mio cibo preferito.
perché io mangiavo per sopravvivere, mica per fame.
un’altra fame, che arrivava da lontano. non era mia.
e poi non dormivo mai.
una delle ultime volte volta commise l’errore di cucinarmi un riso di sua invenzione, con la frutta e certe spezie. me lo fece trovare pronto da scaldare sul fornello. lo odiai con tutta me stessa.
abbiamo fatto l’amore poche volte. scopato mai.
ma ho mangiato tantissimo riso al curry, da non poterne più.