Quando ho iniziato a scrivere, tutti mi hanno detto: in bocca al lupo!
Non ho capito subito cosa intendessero, dopotutto scrivere è un lavoro come un altro, pensavo. Avevo 13 anni. E scrivevo poesie. Oggi ne ho 25 e scrivo di tutto, e su tutto (carta, pc, cellulare, muri…). Il problema, ho poi capito, non sono i mezzi materiali, ma quelli immateriali. Pubblicazione, promozione, vendite, pubblicità. Insomma quelle logiche di mercato e di marketing tanto care ai sistemi capitalistici. E che invece tanto care non dovrebbero essere alla Cultura. Dopotutto “con la Cultura non si campa”. O forse sì.
Oggi scrivere un libro non è una cosa così semplice. Cioè scrivere in sé lo è, per chi è fortunato; la parte difficile è quella che viene dopo. A meno che non si decida di scrivere per se stessi (cosa cara a molti scrittori), in generale la stesura di un libro dovrebbe essere seguita da pubblicazione e diffusione (e dunque vendita) dello stesso. Ma, come dicevo prima, tutti questi step non sono poi così sicuri.
La domanda è: perché?
Perché i libri non si vendono più.
Perché?
Perché la gente non legge.
Perché?
Perché i libri costano troppo.
Perché?
Perché ci sono troppi intermediari.
Perché?
Perché ci sono troppi libri.
Non è il gioco del perché, ma somiglia tanto al gioco delle domande irrisolte. A tutti i perché di cui sopra infatti non vi è risposta. Sono tutte verità eppure tutti problemi senza soluzione. Ma spesso per trovare la via d’uscita bisogna tornare alle origini.
La lettura, oggi, è un problema. Se nessuno legge, chi compra i libri? Ciò che manca è un’osservazione attenta e profonda delle dinamiche sociali del nostro tempo. L’attitudine alla lettura, e dunque all’acquisto del libro, è una cosa diradatasi nel tempo a causa di una cattiva educazione. I bambini considerano sempre meno la lettura come parte integrante della propria crescita (che sia colpa in fondo dei genitori?) e i ragazzi emarginano il libro come oggetto fuori moda. Proprio quest’ultima rappresenta il punto focale dell’analisi che dovrebbe capire usi e costumi dei giovani. Compito questo che spetterebbe alla scuola, e dunque alle istituzioni responsabili della loro educazione.
Cosa succede dunque se la popolazione scinde sempre più la cultura dalla lettura? E se a questo aggiungiamo una folla impazzita di pseudo scrittori con la voglia di dire di tutto un po’?
Il punto non è quindi promuovere UN libro ma IL libro, quale punto di partenza per un’educazione alla Cultura.