Il satellite è un essere morto.
La Terra brilla di morte, dunque la notte splende di morte, di latte infetto.
Il latte è bianco. E se il latte fosse un rigurgito di lune?
Chissà quanti stitici sceglierebbero la “vomitevole casa di cura”, per gli astronauti: luna.
Un nichelino per rilanciare una scommessa sotterrata accanto alla lapide del cuoco senza luna-nella-sua-impalcatura-onirica. Fiale di lenta tortura quando sgattaiolo nel cucinino, perché il passaggio dei nembi copre la luminosità, e le candele essiccano il profumo di incensieri che oscillano nella omelia sempiterna del mal di schiena delle strade.
Argh, cosa rompe l’armonia di una disfunzione anatomico-animica? La fissazione una lettura al chiaro di sole.
Le parole stonano sotto il biancore di sacchetti portati da famigliole, perché si dilettano in pranzi non dibattuti. In sacre famiglie senza sacralità astratta.
Apri il portone, entra luce.
Inutile perdita di aria, maleducazione perbenista . Inettitudine del girasole nella defecazione umana. La merda, la mattina profuma di merda, così come la notte. Il gemellaggio non riunisce le buone intenzioni ma amplifica le divisioni.
Lontani domani rintronati in case da prateria, trattamenti forzati di buone gestualità agli occhi di psicologi ermafroditi… Cordoni di ombelichi norbati da fessute intonate con il monogamo e plurale occhieggio classico di uscio folgorato da spie di luci, lottatrici greco-romane.
Arizona.
Improbo uomo falena avviluppato all’interno di un lembo di coperta sgangherata. Batto, non batto, ribatto, arrabatto, la fucsia ammaccatura del cervo morto sulla mia coscia ammantata di irti capillari scoppiati.
L’amore di gatti come il coito interrotto di un quattro zampe che scalcia in età matura. Oh, IH, SIIII dal parcheggio del Bingo…
Nomenclature di non suoni, dal ragliare di un motore in panne. Spento.
I timorati lanciano bucce di banano contro le filettature di saturno, contro i frangiflutti e i docks che s’affaccendano per declinare affondando dinanzi alla Grecia masticata da Creta; donne di creta senza sesso.
Trote di silenzio con nastri al collo?
Predilezione per collari canini, indisposizione per museruole orgasmiche. Batteria, In Bloom, in aurea frociaggine si destreggia un’illusiva ceramica accomiatata dal mattino.
Chissà quante barbe si dilungano nel conteggio dei fenicotteri e nel Misero arcaico della stufa. La messa in latino, navata che brucia ubriaca accendendo candelabri nella grondaia del gruppo di pellegrini.
Tubano, traducono testi dal Cristianolinguismo, dal connilingus greco del cespuglio svolazzante all’interno del logico sincronismo di un sorpasso di menti piccole.
Scarseggio di inventiva. Acronico sobbalzo nel tempo del “di dietro”. Di dietro reggono le ombre, di dietro frugano tra i fuochi dei Levi’s divampati al chiarore di un barattolo di mais riscaldato da un cucinino a gas.
A gas uggiolo nella mia strada dissestata. A gas lucro nel gas dell’emorragico mattino. S’alzano le gonne, attendo primavera di passere spente, attendo righe scozzesi che abbelliscono la fallimentare ideologia del propormi come nuovo vigile dell’acqua inquinata.
Si spegne acqua inquinata con bestemmie.