Scrivo parole ogni giorno.
Non so dove arriverò,
scrivendo.
So che potrei tacere.
Colui che sa, non parla.
Muto nel ventre del tempo
dove uomini gridano, anche.
Lo sguardo
basterà per comprendere e dire
quanto la voce non dice.
Sfioro ogni istante, ogni giorno
l’urlo e il tuono. Vivo intorno.
Potrei fermarmi e attendere.
In silenzio.
Margherita Guidacci
Dire o tacere questo è il problema.
Margherita Guidacci pone il dilemma. Classe 1921, scomparsa nel 1992, la nostra autrice è stata anche traduttrice, interpretando fra le altre le opere di Emily Dickinson, della quale subì il fascino creativo e la potenza dei sentimenti espressi. Questo componimento si rivela una delle prove migliori della Guidacci come poetessa.
Credere nella forza trainante delle parole da una parte e dall’altra contemporaneamente ascoltare la voce del silenzio. Ma che rumore fa il silenzio?
Piuttosto che parlare si potrebbe osservare. Fermi in un angolo mentre il mondo si muove.Lo sguardo sarà il completamento di tutto, il valido sostituto della parola.
Da notare l’alternanza dei modi verbali: l’indicativo e il condizionale si avvicendano continuamente. Un espediente stilistico che riproduce lo stato d’animo della poetessa, che riporta graficamente il moto altalenante del dubbio interiore.
È un dubbio comune a chi scrive, a chi usa la voce della pagina come veicolo della propria visione del mondo, a chi crede che le parole possano riempire i vuoti, dare un senso al certo e alla gioia così come al precario e al mesto. Tuttavia mentre si scrive si avverte l’ansia di non riuscire nell’obiettivo, di non essere abbastanza incisivi.
La penna, però, crea una sorta di dipendenza. Una volta scoperto il potere di essa, non si riesce più a farne a meno. Il nero dell’inchiostro sul bianco del foglio è dotato di un valore aggiunto difficilmente riscontrabile in altro.
Allora perché tanta sfiducia? Lo sgomento che nasce è probabilmente sintomo di una certezza tradita. Oggi più che mai. La parola è emarginata, aliena, sola. Chi si affida ad essa come ad un’ancora, come al faro nella notte, si sente smarrito.
Ci si rifugia dunque nel silenzio e si attende, sperando che il silenzio abbia le risposte.