Si avvicinò, un passo dopo l’altro, con le mani nelle tasche della giacca, auricolari nelle orecchie, le solite idee per la mente, e osservò un’insegna vecchia, di legno scuro, con intarsiate poche ma curate lettere: “Quisipuò”.
Sfilò gli auricolari e per qualche minuto, con la testa penzoloni sulla spalla destra, soppesò l’idea di varcare la soglia per dare un’occhiata.
Non potè biasimare un gatto di passaggio che lo guardò con un’espressione che somigliava ad un “Cosa aspetti?”, e finalmente si decise ad entrare.
Chiusa la porta alle sue spalle, si ritrovò in una piccola anticamera buia, silenziosa, probabile progenitrice del gabbiotto delle banche, quello che dovrebbe sincerarsi dell’assenza di oggetti metallici, quali pistole, coltelli e armi di facile distribuzione tra la massa varie, ma che immancabilmente suona per il portachiavi che ti ha regalato quel tuo amico dopo quel suo viaggio troppo bello, o per la targhetta di metallo del tuo intimo buono.
Controllò, per sicurezza, di aver indossato le mutande giuste: sì, non avrebbe dovuto avere problemi. Un saluto all’amico carlattrezzi-pergliamicisoncricchetto e via.
Spinse la pesante porta di metallo, e mise piede in quella che avrebbe potuto essere una birreria, o forse una sala lettura, o forse un bar, o forse un salotto, o forse tutt’e quattro.
In sottofondo una musica ipnotica, con un ritmo ripetitivo, ondeggiante, da occhi chiusi, spirali di fumo nell’aria e whisky nel bicchiere. Riconobbe la voce dell’urlante J Okins proveniente da un vecchio juke-box, e il brivido delle scelte giuste lo percorse.
S’incamminò per la sala, facendo attenzione ai cartelli che davano indicazioni riguardo al settore in cui si poteva accomodare. Ce n’era per tutti i gusti: dalla circoscrizione Machitteseincula alla regione Cazzituoi finoalla sezione dell’mcn.
Pensò che m(inchia)c(acata)n(enti) fosse la zona adatta e prese posto su una poltrona di pelle scura, appoggiando i gomiti allo spesso tavolo di legno che aveva davanti.
Alla sua sinistra una grande vetrata, una finestra sul mondo interiore.
Scelse un trionfo di silenzio in riva al mare, con un avanzo di tramonto e prime note di attacco di una sera qualunque.
Chiuse gli occhi, inspirò salsedine ed espirò un po’ della morsa che gli attanagliava il petto.
«Da bere?»
«No, da dormire»
«Cuscino extra-relax o preferisce una sistemazione più dura-tura?»
«Una racconto su cui riposare, grazie»
Il cameriere fece un inchino.
«Arriva subito»
Preparò i pensieri all’arrivo di nuovi orizzonti e guardò verso l’alto: convenne che qualche stella avrebbe dato un senso a quel soffitto.
Scelse un cielo stellato e si distese, braccia dietro la testa, una gamba poggiata sull’altra, su quella che avrebbe potuto essere la sua storia.