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È uno sporco lavoro

È mattina. Sento alzare le persiane, ma non vedo ancora luce. Presto mi toccherà andare a lavoro.

Come al solito sembra che mi abbiano menata e fatta a pezzi durante il sonno. Indolenzita.

 La porta si apre e il sole scintilla nei miei occhi intirizziti, finalmente. Un bagno veloce e sono come nuova. Mentre l’acqua mi sommerge fino alle ginocchia – e non un centimetro più su –, indosso la tuta da lavoro. Mando giù la colazione, che va dritta all’intestino, e inizio a riprendere la tonica forma di sempre. Mi gira ancora un po’ la testa, ma un’ultima sciacquata e sono bella carica.

Prendo posto tra le lamiere e il fuoco ardente. La colazione deve avermi dato fastidio anche stavolta; la sento ribollire nella pancia, in un tumulto che non si calmerà. Sudo freddo e sento caldo, ma non mi scompongo, resto fiera a concludere il mio compito. Il dolore si estende a tutto il corpo e sembra febbre.

Ecco che risale! Inizio a fumare. È il mio sangue nero e bollente che si ribella e cerca di venire fuori. Il fuoco si spegne ed è quasi un sollievo: ci siamo!

Ho fatto il mio dovere: è pronto il caffè.