It might be lonelier
Without the Loneliness —
I’m so accustomed to my Fate —
Perhaps the Other — Peace —
Would interrupt the Dark —
And crowd the little Room —
Too scant — by Cubits — to contain
The Sacrament — of Him —
I am not used to Hope —
It might intrude upon —
Its sweet parade — blaspheme the place —
Ordained to Suffering —
It might be easier
To fail — with Land in Sight —
Than gain — My Blue Peninsula —
To perish — of Delight —
Forse sarei più sola
Senza la mia solitudine.
Sono così abituata al mio destino.
Forse l’altra- la pace-
Potrebbe interrompere il buio
E popolare la mia stanza-
Troppo stretta- temo- per contenere
Il suo sacramento.
La speranza non è mia amica-
Come un’intrusa
Potrebbe profanare questo luogo di dolore-
Con la sua corte lusinghiera.
Potrebbe essere più facile
Affondare- In vista della terra-
Che raggiungere la mia penisola azzurra
Per morire – di piacere.
Emily Dickinson
Una navigazione interrotta per un’abitudine al fato, un biasimo dell’inerzia più che una lode dell’isolamento; questa è solo una parte di ciò che la nota poetessa statunitense fa trapelare in questi versi.
Emily Dickinson in diverse poesie appare come “una poetessa del creato”, di tutto ciò che è reale e inevitabile. Uomini, animali, luce, ombra ed elementi naturali di ogni tipo, vengono utilizzati come immagine di ciclicità e di una legge naturale che ci rende creazioni nate tutte dalla stessa mano.
Entriamo in questa poesia con un senso quasi affettuoso nei confronti di un mondo privato e taciuto anche se inquieto, che abbracciamo come qualcosa di familiare e di morbido in quanto noto. Questa stanza scura e stretta come una prigione, grande abbastanza da accogliere una persona sola ed immobile, impreparata “temo” per qualsiasi immersione, anche mentale, in mari ampi e luminosi, riesce solo a far passare lievi raggi di luce dalle fessure delle sue sbarre, visibili da chi conosce solo l’ombra. Facendo una citazione che evade dai versi che oggi vi presento, la nostra autrice si serve spesso di colori chiaroscurali per dipingere immagini di solitudine, e vi riporto alcuni dei suoi versi più noti:
Non avessi mai visto il sole
Avrei sopportato l’ombra,
Ma la luce ha aggiunto al mio deserto
Una desolazione inaudita.
Emily Dickinson
Una musica di parole e colori semplice nello stile e raffinata nelle fotografie che ci propone.
Il bagliore della “speranza”, riconosciuta come un’intrusa all’interno di celle costruite dalle stesse presenze che le abitano, risulta affascinante ed ammaliante, dipinto quasi come una tentazione peccaminosa a cui però è difficile cedere, in quanto ciò che è ignoto diventa spaventoso.
Ed infine con un tono di rimprovero per se stessa, la poetessa conclude la sua lirica con una sentenza: esplicita una legge errata servendosi del paragone del navigante, che vaga in cerca di un’isola di piacere, ma che decide di interrompere il suo viaggio per osservarla dalle fessure di una stanza buia.