Sei la terra e la morte.
La tua stagione è il buio
e il silenzio. Non vive
cosa che più di te
sia remota dall’alba.
Quando sembri destarti
sei soltanto dolore,
l’hai negli occhi e nel sangue
ma tu non senti. Vivi
come vive una pietra,
come la terra dura.
E ti vestono sogni
movimenti singulti
che tu ignori. Il dolore
come l’acqua di un lago
trepida e ti circonda.
Sono cerchi sull’acqua.
Tu li lasci svanire.
Sei la terra e la morte.
Cesare Pavese
Un colosso della letteratura italiana del novecento. Imponente in prosa come in poesia. Cesare Pavese.
Traduttore, critico affermato, ma soprattutto saggista e poeta.
Il simbolo è il segno distintivo della sua poesia. Anche in questa raccolta “La terra e la morte” Pavese usa abbondantemente questo stilema, e lo fa per parlare di una donna. Una serie di nove poesie scritte nel 1945 per Bianca Garufi, scrittrice di origine siciliana con cui l’autore collaborò ad un romanzo rimasto incompleto.
Questa poesia chiude il ciclo. È l’ultima espressione, costituisce l’epilogo di una vicenda poetica in cui la donna era stata terra, vigna, collina, cantina chiusa. Ora la protagonista ritorna a essere terra, ma terra di morte. Ella è soprattutto morte. Il poeta si ritrova di nuovo solo, disilluso.
La donna è silenzio e buio. La luce è ormai lontana. Costei è solo manifestazione di un acuto dolore. Il gentil sesso tuttavia non conosce il proprio potere, ignora le conseguenze dei suoi gesti; è insensibile a qualsiasi richiamo dei sentimenti, al fascino che le fa scudo, ai sogni che la rivestono.
Pavese paragona dunque la sua esistenza a quella di una pietra, dura. È un’immagine molto forte, decisa, che però sa tradurre visivamente ciò che il poeta sente, ciò che vede e percepisce.
Tutto è reso vano dalla sua presenza, tutto la donna è in grado di distruggere. Neppure la sofferenza la donna sa riconoscere. Esemplificativa per questo la similitudine tra il dolore e i cerchi dell’acqua di un lago.
La donna è dunque sul finale mistero e morte, morte che tutto annienta, che gelida va e calpesta ogni cosa. Gli stati d’animo del poeta sono completamente cancellati, annichiliti. Così come la morte, la donna lascia intorno a sé solo desolazione e solitudine, amara solitudine.
Toni amari e malinconici percorrono tutta la raccolta e diventano ancor più evidenti in questo ultimo componimento.
Un profondo senso di mestizia è ciò che resta…