E’ probabile che, quando si parla di guerra, il racconto degli orrori commessi attorno ad essa si assomigli un po’ in tutti i libri, perché il sentimento che si genera è un’ineluttabile contrazione dell’anima, un solco scavato in mezzo al cuore, che non si spianerà più.
“I tredici fiori della guerra” si aggiunge ad una produzione letteraria già composita sull’argomento, senza per questo essere un frutto minore. Si tratta di un libro minuto ma essenziale, con una prosa bella e pulita, che lascia addosso lo sconforto per l’impotenza delle vittime di una guerra sanguinosa come tutte, il conflitto sino-giapponese del 1937. Padre Engelmann è un sacerdote cattolico missionario a Nanchino. Dirige un collegio di ragazzine, alcune orfane, altre figlie di famiglie benestanti. L’invasione dei giapponesi non risparmia nemmeno quella città, ma ogni tentativo di fuga risulta frustrato ed alle ragazze non rimane che nascondersi di nuovo al collegio, sperando in un improvviso intervento dei genitori, sotto l’ala sempre meno protettrice e sempre più debole del sacerdote e del suo diacono Fabio, un orfano bianco cresciuto come un cinese dalla madre adottiva. Ma al collegio, come in ogni abitazione di Nanchino, scarseggiano i viveri e la minaccia dei giapponesi incombe massiccia. Per le giovani donne, precarie nell’infanzia come anche nella giovinezza, vivere quel confine esistenziale, fatto di dubbi e desideri inespressi nell’atmosfera crudele della guerra è un tormento che si esprime nelle ripicche, nelle baruffe e nei malumori, ingigantiti dalla fame e dalla sensazione di essere state ingiustamente abbandonate.
Quando poi all’istituto arriveranno 13 prostitute, in fuga anche loro dalle atrocità della guerra, in cerca di cibo e riparo, nonché tre militari cinesi feriti scampati al massacro dei loro commilitoni da parte delle truppe giapponesi, la tensione della forzata convivenza raggiungerà livelli altissimi, l’apparente frivolezza delle prostitute , il loro linguaggio esplicito, lo sgargiante sipario delle loro sete costituirà un’offesa per la virtù incontaminata delle collegiali, che erigeranno subito una barriera di indignazione sprezzante tale da respingerle senza appello. Su quella platea chiassosa di giovani donne, che hanno conosciuto l’umiliazione del bordello, spicca Zhao Yumo, perfetta espressione di fascino in grado di sedurre ogni uomo con l’arte delle sue maniere raffinate e che in quella circostanza riesce a mantenere il controllo delle colleghe ed a contenerne gli sfoghi, calmando al contempo, con la sola forza della sua voce, lo zelo delle ragazzine e dei clericali.
Ma quale profondo abisso di dolore nasconde questo apparente controllo?
Dall’altro lato la giovane collegiale Shujuan, zia dell’autrice stessa del libro Geling Yan, vive i conflitti dell’amicizia con la compagna di studi Xiaoyu con la stessa intensità con cui sente gli echi tremendi della guerra. Il suo odio verso quelle donne così diverse da lei, che si ritrova a spiare di soppiatto, ad un tempo disgustata ed affascinata, dovrà in seguito subire un’inversione di tendenza allorquando quelle stesse ragazze perdute faranno un gesto di grande umanità.
Così come anche padre Engelmann avrà modo di riconsiderare la propria fede sotto un profilo più autentico di quello vissuto fino a quei momenti fatali, in cui la presenza del nemico imporrà scelte estreme.
La guerra, col suo carico di violenze gratuite ed inaudite, più feroci della ferocia, è in grado anche di svelare il lato migliore delle persone, quel tratto di amore, fiducia, solidarietà e, perché no, di eroismo che possono smontare e far precipitare ogni pregiudizio.