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Le lettere (quasi) perdute

Arturo Toscanini è considerato uno dei migliori direttori d’orchestra di sempre. Vissuto in un periodo che va dalla metà del XIX secolo alla metà del XX, Toscanini ha attraversato la storia opponendosi agli avvenimenti più atroci che questa gli ha posto davanti. Uomo di grande coraggio, si oppose fermamente al regime fascista negli anni in cui dirigeva l’orchestra della Scala di Milano, e, in quella che a noi può apparire un’occasione curiosa, Toscanini arrivò a rifiutarsi di dirigere se il duce fosse stato in sala(!).

Si impegnò nel proteggere e trovare rifugio agli ebrei in fuga e diresse un concerto in Palestina a favore dell’accoglienza di questi. Persino Albert Einstein spese delle parole in suo favore scrivendogli: “… Sento la necessità di dirle quanto l’ammiri e la onori. Lei non è soltanto un impareggiabile interprete della letteratura musicale mondiale… Anche nella lotta contro i criminali fascisti lei ha mostrato di essere un uomo di grandissima dignità… Il fatto che esista un simile uomo nel mio tempo compensa molte delle delusioni che si è continuamente costretti a subire.”

Arturo Toscanini era però amante dell’arte senza confini, infatti non si limitò mai a restare chiuso nell’ambito musicale. Al denaro egli opponeva tre grandi passioni, quali i quadri, le lettere di Leopardi e quelle di Mozart. Nel corso della sua esistenza si impegnò a comporre una collezione personale che spaziava dalla pittura alla scultura includendo la letteratura. Una collezione andata purtroppo dispersa alla morte del suo proprietario, ma che secondo recenti ricerche documentarie era composta da oltre centocinquanta opere, tra le quali spiccava una straordinaria campionatura della pittura lombarda e la produzione delle scuole macchiaiola e napoletana a cavallo tra l’Otto e il Novecento.

Il motivo che ci spinge a parlare di questo tanto importante, quanto poco conosciuto, personaggio italiano è il ritrovamento di alcune lettere autografe del poeta Giacomo Leopardi in alcuni resti della sua collezione.

Le lettere in questione sono quattro e sono state messe all’asta a Londra dalla Sotheby’s, una società inglese che si occupa proprio di aste e di compra-vendita di oggetti di valore. Gli scritti del poeta hanno ricevuto l’attenzione di Fabio Corvatta, presidente del Centro nazionale di studi leopardiani, il quale ha scritto al ministro Ornaghi (Ministro per i Beni e le Attività Culturali) affinché questi si prodighi nel riportare le lettere in Italia. Lo scopo di Corvatta non mira solo a riunire tutti gli scritti autografi di Leopardi, ma ha anche fini filologici. Suddetti testi non sono mai stati analizzati dai filologi, nemmeno quando Francesco Flora, nel 1949, pubblicò un epistolario del poeta marchigiano. In quell’occasione infatti fu il figlio di Toscanini, Walter, a riprodurre i testi inviandoli al Flora. Due delle lettere furono inviate dal giovane Leopardi al padre Monaldo: una da Bologna il 20 febbraio 1826, l’altra da Pisa il 3 dicembre 1827. Le altre due lettere, indirizzate invece al suo editore Antonio Fortunato Stella, appartengono al 14 novembre 1817 e al 31 maggio 1826, e trattano la pubblicazione delle “Operette Morali” del 1835.

Come sappiamo, il nostro Paese è un forziere d’arte e  di storia e noi conserviamo nel nostro DNA l’abitudine al bello, ossia la manifestazione del nostro passato nei centri storici di ogni cittadina italiana. Il problema è che spesso, sia per carenza di fondi che per lo scarso interesse dei piani alti, tutta questa bellezza viene lasciata a se stessa o, come per le lettere del Leopardi, dispersa nel mondo. È sufficiente fare riferimento, per esempio, ai crolli verificatisi negli scavi di Pompei negli ultimi due anni, oppure al crollo di parte del soffitto della Domus Aurea a Roma, per comprendere quanto le nostre proprietà artistiche siano a rischio, come un castello di sabbia sgranato dalle onde. A questo punto mi domando, chi di competenza si comporterà come il bambino, che  sulla spiaggia, difende la sua piccola opera d’arte?