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La narrazione nella narrazione: da “Le mille e una notte” al metateatro pirandelliano

La funzione dello spettatore/lettore non è mai la stessa. Questi infatti muta secondo diversi criteri, uno di questi è l’opera a cui rivolge la propria attenzione che, a sua volta, rappresenta per chi ascolta uno slancio verso l’irrealtà che caratterizza l’arte. In particolare i racconti prima, e il teatro poi, assolvono alla funzione di mascheramento della realtà attraverso la costruzione di mondi immaginari che la descrivano, spesso dissacrandola. Gli spettatori/lettori dunque si affacciano alla comprensione di un testo con un bagaglio culturale e personale, unito ai feedback relativi all’autore e al contesto dell’opera; questo meccanismo rende la stessa opera lineare e i significati ad essa connessi mutevoli e differenti.

Tuttavia la tecnica narrativa non è sempre così lineare, la letteratura è ricca di sperimentazioni linguistiche e testuali che hanno dato vita ad esempi di scrittura nuovi e profondi. Tra i più antichi vi è sicuramente quello legato alla raccolta di novelle orientali de Le mille e una notte, la quale raccoglie diversi racconti, strettamente legati alle ambientazioni e tradizioni orientali, narrati attraverso una tecnica nuova, quella del racconto nel racconto, che vede protagonisti il sultano arabo Shahriyar e la giovane fanciulla Shahrazad. Il libro narra infatti della giovane che, per sfuggire ad una morte certa per mano del sovrano, inizia, ogni sera, a raccontare una storia alla quale sottrae il finale, rimandandolo alla sera successiva, per catturare la curiosità del sultano e far sì che egli non la uccida, e così va avanti sino a narrare decine di racconti; a volte, poi, ulteriori storie derivano dagli stessi personaggi protagonisti dei racconti narrati da Sharazad.

Questa tecnica, nonostante ritrovi ne Le mille e una notte il suo più grande successo, è stata spesso usata anche nel teatro, in particolare da autori quali Shakespeare prima e Pirandello poi. Mentre l’autore inglese ha sperimentato perlopiù nel suo Amleto la narrazione nella narrazione facendo inscenare ai protagonisti dell’opera una rappresentazione teatrale, lo scrittore siciliano ha invece costruito più di un’opera intorno al teatro nel teatro, meglio conosciuto come metateatro. In particolare è una trilogia a racchiudere il senso più puro di questo espediente narrativo, comprendente Sei personaggi in cerca d’autore, Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a suo modo. Nella prima opera, Pirandello esprime al meglio il senso della “finzione della realtà” a lui tanto cara, infatti è qui che rompe il velo di finzione che caratterizza le opere che, seppur descrittive della realtà, sono solo imitazioni della vita e per questo tengono lo spettatore/lettore a debita distanza, non coinvolgendolo del tutto, lasciandolo dunque lontano dall’arte. Attraverso la rappresentazione nella rappresentazione gli attori non sono più imitazioni della realtà ma palesano il fatto di essere attori e dunque diventano reali. In questo modo si rompe la barriera che c’è tra l’opera e lo spettatore, tra il palcoscenico e il teatro. Si modifica così il ruolo dello spettatore il quale da passivo diventa attivo, riuscendo, a volte, a traslare la propria figura nell’opera, evolvendosi.
Giovanni Boccaccio infine è forse una delle figure di spicco che ha adottato questa tecnica nella sua più celebre opera, il Decameron, nella quale ripropone diversi livelli della realtà attraverso diversi livelli di narrazione. I narratori onniscienti raccontano le novelle esprimendo non sono il punto di vista dei personaggi, ma anche quello dell’autore il quale si veste di una funzione nuova.

Il lettore va dunque coinvolto, anche con questi espedienti narrativi, che possono rendere meno fredda la narrazione e più esperienziale l’approccio all’arte. Si crea quasi un senso di dinamicità, dato dalla messa a nudo della finzione artistica, che diventa più reale solo quando si riconosce in chi la legge.