Qualcosa di scritto.
Un giorno ho accompagnato un amico in libreria e l’ho intravisto. I miei occhi si sono soffermati sulla foto di Pasolini in copertina e subito dopo sul prezzo: 16.80! Non li avevo con me. Ho rimesso il libro al suo posto e ho continuato a vagare tra gli scaffali. Quella foto grigia, tuttavia, ha continuato a tormentarmi per giorni; e così, dopo un po’, ho portato a casa il romanzo.
Romanzo? Forse; o meglio saggio…o successione di racconti.
Non saprei definirlo, è un libro difficile da raccontare: va letto.
In copertina: “La storia quasi vera di un incontro impossibile con Pier Paolo Pasolini”. Un giovane Emanuele Trevi entra in contatto con lo spirito dello scrittore, grazie all’esperienza vissuta al Fondo Pier Paolo Pasolini -racchiuso in un palazzo al quartiere Prati di Roma- e alla vicinanza con “la pazza”, Laura Betti, una sorta di erede spirituale del grande P.P.P. Descritta come un’isterica, nervosa, obesa, impulsiva, capricciosa, innamorata (e non ricambiata) dello scrittore, Laura in questo libro è soprattutto una che sa ben cogliere il punto debole della persona che ha di fronte, sa usarlo crudelmente, dando il via a infiniti esami di coscienza. Ma è anche figura cardine, un portale d’accesso che conduce al cadavere putrefatto di Pasolini.
È dalle sue labbra che apprendiamo verità importanti; è grazie alle sue invettive che viene fuori la rabbia, quella rabbia che era stata tanto importante anche per lo scrittore bolognese, quella che cammina sottobraccio al talento:
“ Siete giovani, siete paraculi, potete farcela. Ma per farcela davvero, ci vuole la rabbia. Pier Paolo a un certo punto l’aveva capito, la rabbia è più importante del talento, il talento lo può avere qualunque borghesuccio, la rabbia no, la rabbia è un dono raro, bisogna coltivarlo, è come avere il cazzo grosso, o la testa fina, o tutti e due – che è sempre meglio – dico bene?”
Numerosi i richiami a Petrolio, il romanzo incompiuto di Pasolini, che ha attirato intorno a sé le curiosità di molti e ha dato vita a numerosissime interpretazioni, alla luce anche della fine tragica dello scrittore. Trevi intesse le sue pagine di piccoli indizi, di spunti. Dà il via a ragionamenti che non si concludono, o meglio che per concludersi hanno bisogno del lettore, della sua mente, della sua collaborazione.
Memoria, mito, indagine, scoperta: questo e molto altro condensato in 246 pagine.
Emanuele Trevi è uno scrittore magistrale, uno che sa come catturare l’attenzione, come inchiodare gli occhi del lettore sulla pagina.
“Ho sempre nutrito un grande affetto per tutte le persone che nella mia vita sono rimaste allo stadio di possibilità, di sentieri non imboccati, trasformandosi rapidamente in vaghi ricordi, o lievi allucinazioni. Non saprei dire perché, ma è in tutto ciò che avrei potuto vivere, e non ho vissuto, che riconosco un ‘immagine credibile, l’unica che riesca a concepire, dell’Eternità. ”
Non un solo euro rimpianto. E se non si è capito, ve lo sto calorosamente consigliando.