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Così tante belle cose, così tante cose sporche.

 

Hanno fatto un tale chiasso per le scale quei pezzenti che la signora Mazziotti del secondo piano s’è affacciata sul pianerottolo, che vergogna, eppure li paghiamo noi questi imbecilli. Lo so, l’hanno fatto di proposito, per farmi fare una figura di merda. Pure il cane si sono portat, manco Giacomo fosse un narcotrafficante colombiano, e sono così stronzi e invidiosi che, con tutto quel rumore, m’hanno dato il tempo di buttare quel grammo nel water. Invidiosi, sono solo questo. Ho aperto la porta nel mio completo Chanel, gli venisse un travaso di bile, e quella specie di cane mi ha leccato la gonna, non ha sentito l’odore della droga venire dalle mie mani che lecca pure quelle allegramente, le ho lavate per bene, merdoso sacco di pulci. Questa brutta copia del commissario Rex mi fa le feste mentre la mia vita finisce nello scarico insieme alla polvere bianca; mentre il carabiniere non mi guarda gli do un calcio, di tacco, guaisce ma poi torna a leccarmi, cane coglione.

Penso “avviso di garanzia” e mi viene da vomitare, vorrei dare di stomaco qui, davanti a questi deficienti, ma poi penso che sarebbe solo una gran soddisfazione per loro e cerco aria, inspiro forte a bocca aperta e aspetto. Giacomo rientra trafelato e io lo lascio lì, nel nostro soggiorno finemente arredato, con una mano sul nostro Luigi XVI a sorreggersi, e vado in cucina, non voglio sentire. Pagheranno, lo giuro, questo affronto, perché lo sanno chi sono io ma non sanno fin dove posso arrivare. Sento quelle parole provenire dalla stanza: corruzione, frode, concussione, soldi pubblici, galera e sento i ghigni. Quei quattro schifosi ridono sul muso di mio marito, un parlamentare, un senatore, un onorevole. Carabinieri che prendono per il culo un uomo come lui, sono così arrabbiata che mi si annebbia la vista, forse sverrò. Invece sento dei passi che si dirigono verso la porta, sento altri risolini, poi la porta sbatte forte. Giacomo corre da me, in cucina, mi accarezza una guancia, per fortuna non ho pianto, non potrei tollerare mi commiserasse, proprio lui che ha combinato sto casino. Farfuglia scuse e rassicurazioni, dice che tutto si risolverà, tira fuori dalla tasca due pacchetti, in uno un anello Bulgari, nell’altro un bracciale Hermes, per la mia pazienza, spiega. Non posso evitare di sorridere con gli occhi, non vorrei ma è diventata una reazione istintiva. Si scopa la segretaria, mi regala una Kelly e sorrido, fa una dichiarazione terribile in tv sugli omosessuali, come mio fratello, mi regala un Valentino dal taglio sublime e sorrido, ora mi rende la moglie d’un ladro, roba da vergognarsi per sempre, mi da due pacchetti, e sorrido. Deve andare dall’avvocato, quell’altro ladro, esce di corsa e mi lascia seduta da sola, nella mia enorme cucina a guardarmi le mani e a chiedermi a quale dito l’anello starebbe meglio.

Ho un appuntamento col wedding planner di mia figlia Sara e non vorrei ma devo andare, non gliela posso dare questa soddisfazione di seppellirmi in casa alla signora Mazziotti, a quelle merde dei carabinieri, al pubblico ministero Barbera. Mi vesto e mi trucco con cura, nei toni del panna, gioielli non vistosi ma evidenti, scarpe col tacco, capelli raccolti: una vera signora. Prendo le chiavi del Suv all’ingresso e apro la porta blindata che mi separa dal mondo e quel cane di merda è lì. Si infila in casa passandomi tra le gambe e si piazza sul mio finissimo tappeto, col suo culo sporco sullo splendido intreccio delle fibre che disegnano un motivo orientale, ovviamente urlo. La signora Mazziotti s’affaccia di nuovo, le urlo –fottiti-, quando ci vuole ci vuole. Che cavolo, solo i carabinieri si potevano perdere il cane, e questo cretino di quadrupede è rimasto qui fuori tutto questo tempo senza nemmeno abbaiare. – Sei un bravo cane idiota- gli dico, e quello mi fissa compassionevole, giuro prova pena per me. –Non fare gli occhi tristi ammasso di peli, non ne hai ragione- e quello ancora lì, fermo, a guardarmi. – Sono una donna bellissima, e ricca, stronzetto, così ricca che non lo puoi immaginare, abbiamo tanti di quei conti segreti che mi compro tutto un canile mille volte- e quello che fa? Comincia a guaire, piange come un bambino nel mio salotto buono, sul mio tappeto costoso, vicino al mio divano di pelle bianca immacolata. –Non piangere Rex, ti mancano quei cretini? Li chiamo e ti vengono a riprendere. Ma tu non piangere e non pisciare- E quello smette, lo giuro, di colpo smette ma continua a fissarmi e ora sembra, come dire, disgustato. Un cane nel mio salotto mi guarda come fossi una merda. – Che guardi io vorrei sapere, ho tre case, cataste di vestiti tutti griffati, e gioielli che ti potrei tempestare cento cucce. Smettila di fissarmi, che ne sai tu? Io facevo le manifestazioni sai? Io credevo in tante cose ma poi Giacomo.. e che dovevo fare. Lui era un’idealista, voleva cambiare il mondo diceva e poi invece ha cambiato il conto in banca. Un favore in cambio d’un favore diceva, e poi un piccolo aiuto e poi una raccomandazione, e alla fine non ne esci più. All’inizio protestavo, l’ho chiamato io ladro per prima, mica i giornali, ma che dovevo fare? E poi tutte quelle belle cose, tante tante cose, che nell’appartamento dei miei manco me le sognavo e finisce che ci fai l’abitudine perché io…-. E quello stronzo di cane che fa? Abbaia come un pazzo, mi risponde, mi disapprova, forse sto impazzendo ma lo sento. – Tutte quelle belle cose e..- Abbaia di nuovo e io stavolta gli rispondo. –C’hai ragione Rex, la dignità non si compra- giro i tacchi e lo lascio lì il bel cane sul mio merdoso tappeto, prendo il suo biglietto da visita e faccio quel numero di telefono.-Pronto dottor Barbera? Le devo parlare….