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Caro Roberto,

si è parlato molto di te in questo periodo, in merito al video che ti vedeva testimonial per il MIUR (Ministero istruzione, università e ricerca), per la diffusione dell’amore per lo studio, ma non devo indugiare troppo sull’argomento trattato: lo dici tu a sufficienza in quello spot.

Belle parole dunque, c’è solo un problema: il video è girato in una scuola privata. Via allora al gioco dei rimpalli, da un lato il coro di chi si indigna e dall’altro quello di chi grida alla strumentalizzazione. Anche questa lettera lo è, una strumentalizzazione, visto che il termine null’altro significa che usare come strumento. Questa missiva infatti vuole essere un pretesto per una riflessione.

Che belle le facce dei ragazzi nello spot, e che belle le lavagne virtuali e i libri digitali, tu stesso dici “quando studiavo io c’erano i libri di carta, le lavagne con il gesso…”. Forse è questo il punto: nelle scuole pubbliche, o almeno nella maggior parte di esse, il gesso non c’è, manca perfino la carta igienica, e per comprarla si autotassano i genitori e le maestre, figuriamoci il resto. Scuole fatiscenti, in cui crollano i tetti, insegnanti stanchi e sottopagati, e tu dovresti saperlo bene, Professore.

Diciamocelo, è stata una caduta di stile, e solo chi ne ha può farne. Dire che “non importa se la scuola non è perfetta” mentre sullo sfondo passano immagini di una struttura immacolata e non pubblica, in un paese dove le scuole non rispettano nemmeno le più elementari norme di sicurezza, sembra uno schiaffo, una ridicolizzazione, una presa in giro.

Nessuno può essere crocifisso per un errore, ma perché non ammetterlo? Perché in questo Paese la tendenza è sempre quella della rettifica? “Volevo fare, volevo dire. Mi avete frainteso.”

Se nemmeno un uomo come te, un insegnante che parla di scuola e di studio, può fare un passo indietro ed ammettere uno strafalcione, allora forse siamo perduti. È la scuola il luogo in cui si dovrebbero apprendere innanzitutto il significato ed il valore del pensiero critico, prima ancora di date e confini geografici. Tu hai esortato i giovani a questo molte volte. Studiare e pensare rendono liberi, anche liberi dall’idea della propria infallibilità. In un momento storico che ci vede colare a picco senza che un solo politico se ne assuma la responsabilità, in cui chi è sorpreso in fallo recita il mantra che vuole tutto accadere a “sua insaputa”, non abbiamo bisogno di persone che siano perfette nel messaggio che divulgano, come la scuola del video, ma imperfette nella realtà, come quella pubblica.

Abbiamo bisogno, Professore, di verità, anche se questa dovesse essere ammettere per ipotesi di non aver potuto svicolare da un contratto, oppure di non aver fatto un pensiero sulle conseguenze del prestare la propria immagine, o ancora di aver ritenuto erroneamente che il messaggio passasse comunque. Dire però che esigere che chi mette la sua immagine al servizio di uno spot di un ministero se ne assuma la responsabilità sia una strumentalizzazione è ingiusto. C’è bisogno di messaggi positivi questo è certo, che siano veri però questo è il minimo.

Che magnifico insegnamento sarebbe stato il suo per tutti noi se, in controtendenza ai soliti “è un complotto“, avesse ammesso di aver fatto uno scivolone.

“..ma ci capisca,

in fondo siamo uomini”

 

Con stima,

Marina.