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Bernardo Bertolucci, scrittore cinematografico e regista letterario

The dreamers (2003), tratto dal racconto The holy innocents di Gilbert Adair;
L’assedio (1998) tratto da un racconto di James Lasdun;
Piccolo Buddha (1993) tratto dall’omonimo romanzo di Gordon McGill;
Il tè nel deserto (1990) tratto dall’omonimo romanzo di Paul Bowels;
L’ultimo imperatore (1987) liberamente ispirato all’autobiografia di Aisin Gioro Pu Yi Sono stato imperatore;
Strategia del ragno (1970) ispirato al racconto Tema del traditore e dell’eroe di Jorge Louis Borges;
Il conformista 1970 tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia.

Questi sono solo alcuni dei titoli dei più celebri film del regista Bernardo Bertolucci, ma tutti tratti o ispirati da romanzi e racconti.

Perché Bertolucci? Perché il regista parmense è tornato dietro la macchina da presa dopo quasi dieci anni dal suo ultimo film (The dreamers, uscito nelle sale il 2003) e dopo più di trenta dal suo ultimo film italiano (La tragedia di un uomo ridicolo, del 1981). Lo ha fatto, anche questa volta, attraverso la trasposizione cinematografica di un romanzo, “Io e te” di Niccolò Ammaniti, edito da Einaudi nel 2010.

La passione di Bernardo Bertolucci per la letteratura ha una storia che affonda le proprie radici in un passato legato alla formazione familiare e scolastica. Nato in una famiglia di artisti, il regista è figlio del poeta e critico letterario Attilio Bertolucci e nipote e cugino di autori e registi teatrali e cinematografici. L’inclinazione alla poesia lo spinge ad iscriversi alla Facoltà di Letteratura Moderna dell’Università La Sapienza di Roma, che però abbandona presto in favore di una più profonda vocazione per il cinema. Nonostante i riconoscimenti ricevuti (nel 1962 vince il Premio Viareggio Opera Prima per il libro in versi “In cerca del mistero”), Bertolucci è fermamente convinto di poter esprimere al meglio le sue capacità attraverso la cinepresa. E lo fa, grazie anche ad un’amicizia, aspramente criticata, che gli vale l’inizio di una collaborazione artistica formativa sia sul piano lavorativo che umano, quella con Pier Paolo Pasolini, al tempo vicino di casa della famiglia Bertolucci.

I lavori dei due s’intrecciano grazie ad una duplice ispirazione (quella cinematografica e quella letteraria) che farà nascere documentari di grande impatto sociale ed emotivo come La commare secca (1962).

La sua profonda sensibilità lo porta  a delineare una propria visione dell’individuo e del suo rapporto con la società, andando a formare un’idea del tutto nuova e personale di letteratura legata al cinema. I dualismi amore – morte e individuo – società diventano così le linee guida di tutti i suoi successivi lavori cinematografici, in cui sarà sempre presente la figura di un uomo fortemente indebolito dai cambiamenti della vita, e effettivi e politici; incapace per questo di reagire ad essi, il protagonista andrà spesso incontro ad un destino cupo e doloroso.

Anche nel romanzo di Ammaniti i protagonisti sono due figure in difficoltà, due personalità forti ma deboli allo stesso tempo, due fratellastri in perenne lotta con se stessi, con la propria famiglia e con tutto ciò che stia al di fuori del proprio mondo.

Ha così scelto della poesia Bertolucci per ritornare al cinema, con quella delicatezza e quella profondità che solo lui sa trasmettere ai propri personaggi, e agli spettatori ogni volta incantati di fronte alla magia del maestro.