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“Il sentiero dei nidi di ragno”, l’esordio con il botto di Italo Calvino

Questo romanzo è il primo che ho scritto; quasi posso dire la prima cosa che ho scritto, se si eccettuano pochi racconti

Sono parole di Italo Calvino, una delle menti più acute, eclettiche e poliedriche del XX secolo. E il romanzo a cui fanno riferimento è Il sentiero dei nidi di ragno: un libro che non ha impiegato tanto tempo ad essere consacrato classico; consigliato e letto fin dall’adolescenza, fa della sua semplicità un punto di forza notevole.

Sul suo autore crediamo non sia necessario dilungarci tanto. Calvino è un intellettuale completo, che dalla sua esperienza e dal suo talento di scrittore ha tratto opere che hanno goduto di perenne fortuna, incontrando il giudizio positivo sia di critica che di grande pubblico. Ammirato nei cinque continenti, Italo Calvino è stato un vero top player della letteratura (i lettori ci perdonerrano l’uso di questo termine di matrice anglosassone di cui così tanto si abusa in ambito sportivo). I suoi romanzi, saggi e riflessioni critiche sono state apprezzate ovunque.

Il sentiero dei nidi di ragno è un grande prova a sostegno della tesi di chi sostiene che le migliori opere dei grandi scrittori sono le prime, quelle “meno mature”, nelle quali pare quasi di scovare tracce della natura primigenia di un autore, di una scrittura pura. La prima edizione del romanzo vede la luce nell’ottobre del 1947, quando il suo autore ha appena compiuto 24 anni (ricordiamo anche, da questo punto di vista, un altro grande esempio, Gli indifferenti di Alberto Moravia. In questo caso lo scrittore romano ha appena 22 anni).

Il virgolettato iniziale è l’incipit di una lunga prefazione di Calvino stesso ad una nuova edizione del 1964, riveduta e parzialmente corretta rispetto alla prima. Prefazione che diviene da subito il principale mezzo interpretativo dell’opera, che porta in primo piano una storia di partigiani – una delle storie che hanno alimentato il mito della Resistenza nella letteratura italiana.

In un piccolo paese della Liguria sono ambientate le vicende di Pin, bambino di soli dieci anni, costretto a vivere un’adolescenza che evidentemente nessun bambino dovrebbe  mai vivere. Orfano e disperatamente bisognoso d’affetto, Pin entrerà in rapporto con militari e partigiani, scoprendo una realtà triste, cinica, estremamente violenta. Spinto dal desiderio di mostrarsi in qualche modo utile, parte di un qualsivoglia gruppo e meritevole di fiducia, ruba ad un’amante della sorella prostituta una pistola che nasconde in un luogo sconosciuto ai più, ma familiare a lui. È un posto dove i ragni fanno il nido.

Da qui si intrecciano una serie di personaggi e avventure che portano il piccolo Pin nel bel mezzo della Resistenza Italiana. Storie fatte di intrighi, violenza, tradimenti: e oltretutto Calvino afferma di aver voluto rappresentare il peggio dei partigiani. I peggiori possibile, come dice lui. Ma la storia della Resistenza è anche storia di speranza, fremito, vitalità, orgoglio per chi ha combattuto per salvare la patria dalla barbarie. Tutto questo è visto dalla prospettiva di un bambino, e ciò conferisce al racconto qualcosa di magico, fiabesco, inafferrabile.

La critica letteraria muove soprattutto dalla famosa prefazione del ’64, nella quale Calvino individua con straordinario rigore punti di forza e debolezza dell’opera. Individua in Una questione privata di Fenoglio il modello della letteratura della Resistenza, in grado di trasmettere in modo completo e totale il senso di quel momento storico. E rivendica la forte componente autobiografica, analizzando altresì i fermenti dell’epoca e la voglia matta di scrivere:

La letteratura che ci interessava era quella che portava questo senso d’umanità ribollente e di spietatezza e di natura