Nell’immaginario popolare la fiaba altro non è che un racconto per bambini; si è soliti associare i volti dei personaggi più popolari delle fiabe all’infanzia, con la sua fantasia e i suoi sogni. Ma non tutti sanno che in realtà quella della fiaba è una storia lunga, che penetra le proprie radici nel medioevo, in quell’era cupa e infinita: un po’ come gli orchi che hanno abitato nelle paure di ogni bambino.
Lo scrittore russo Vladimir Propp ha pubblicato nel 1946 un volume, Le radici storiche dei racconti di fiabe, in cui attraverso un fitto percorso di ricerca riporta alla luce quelle che sono le origini di questi fantastici racconti. Secondo Propp la nascita delle fiabe e del loro tramandarsi è da attribuirsi agli antichi riti d’iniziazione a cui venivano sottoposti i giovani uomini per meglio affrontare l’età adulta; i riti constavano di prove ardue e sul piano fisico e su quello emotivo, e si concludevano con la messa in scena di una finta morte addotta tramite l’uso di droghe o di sostanze stupefacenti. La rinascita (o meglio il risveglio) rappresentava così l’inizio di una nuova vita, quella da uomini maturi. Col tempo questi riti sono stati interrotti, ma il suo ricordo è vissuto grazie al racconto degli anziani che ne tramandavano le caratteristiche, anno dopo anno, aggiungendo e modificando sempre più particolari: così i giovani hanno iniziato a trasformarsi in bambini, puri e innocenti, gli stregoni iniziatori dei riti sono diventati orchi, streghe e mostri, e i riti, da miti, sono diventati fiabe.
Il linguaggio era semplice, da riuscire a ricordare, visto che la tradizione li voleva come racconti appartenenti all’oralità della cultura popolare; lo spazio e il tempo erano irreali, in modo da non poter essere collocati in una dimensione reale, e quindi da stimolare la fantasia di chi ascoltava; e infine vi era il dualismo tra bene e male, che tagliava in maniera netta le due fazioni, spesso senza alcuna possibilità di redenzione per il cattivo di turno.
Lo stesso Propp criticò aspramente il sistema di classificazione delle fiabe Aarne-Thompson, basato su un indice dei tipi, ovvero sui motivi ricorrenti nelle fiabe, catalogati numericamente. Secondo lo scrittore russo, una classificazione basata puramente sui “temi” tralasciava gli aspetti più importanti, quelli relativi alle funzioni della fiaba. Ad oggi, il sistema è ancora in uso, arricchito negli anni da ulteriori catalogazioni.
«C’era una volta…
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze».
(Le Avventure di Pinocchio – Carlo Collodi)
Nella letteratura sono stati in molti gli scrittori che si sono passati tra le mani lo scettro di narratore di fiabe, dai più celebri fratelli Grimm (Biancaneve e i sette anni; Hansel e Gretel; Raperonzolo) a Hans Christian Andersen a Charles Perrault. Carlo Collodi è stato il portabandiera italiano con Le avventure di Pinocchio, assieme ad i suoi colleghi Italo Calvino, Gianni Rodari e Grazie Deledda. Ognuno con i propri racconti, ognuno con la propria fantasia.
E chi dice che la fantasia debba appartenere solo ai bambini? Quella linea educativo – stimolatrice che percorre le fiabe altro non è che la realtà degli uomini traslata in un mondo fantastico, in cui poter ancora sperare di sconfiggere il male per far trionfare il bene.
Racconti popolari che descrivono la vita di tutti i giorni in cui anche i meno abbienti possono sognare di poter vedere realizzati i proprio sogni e sconfitte le proprie paure. Quasi una sorta di fede pagana: credere, attraverso l’immaginazione, di poter avere qualcosa di migliore. Quasi una speranza. E questa è giusto che la abbiano tutti.
Once upon a time…