Un fantasma può scrivere?
Jack London ne ha visto uno. La forma era invisibile, la materia immota. Lo spirito che ruba, e ruba alla materia che è l’essere umano “London”. L’immaginazione che lo inganna, l’aspirazione, propria, a legittimarsi fantasma. La sedia perduta che crede di non aver spostato, il calamaio esaurito, la penna scomparsa dalla tasca: ogni dislocamento è una distorsione spaziale della pazzia. Jack London ne Le mille e una morte detona la pazzia, e la incuba proteggendola dal pindarismo dell’allucinazione. E brama all’eternità delle forme, alla passeggiata notturna perfetta dove il vento è il sibilo di uno scorsone di un’altra epoca: veleni e fantasmi sono la stessa riproduzione della morte nella mente di un uomo.
London nega l’evoluzione intellettuale che conduce all’identificazione della morte con lo spirito immateriale. La morte non risorge, sostiene lo scrittore in carne ed ossa, non quello “fantasma”. E se essa non esiste, può però esistere un’entità che fuoriesce dall’idea; ma per sputare fuori l’idea è necessario ammazzarsi, e quindi rivedersi seduto su una sedia mentre lo si fa.
Le mille e una morte è il pre-suicidio, quello cogitato, di Jack London.
Fate silenzio. Basta.
Amen