Cari signori,
buongiorno. Sono stato invitato a parlarvi oggi poiché la situazione si fa grave. Tutto è cominciato pochi mesi orsono, all’arrivare della primavera, stagione il cui incedere è preceduto dal volteggiare di rondini in numero minimo di due. Passeggiavo solitario sulle rive d’un lago assaporando dolcemente una brezza carica d’odori festosi, segno di rinascita, quando la vidi guardarmi di sbieco: un’oca maligna. Dapprima pensai d’essere impazzito, risi di me stesso, dello stupido pensiero che la mia materia grigia, evidentemente in subbuglio per gli stimoli sensoriali, aveva formulato. Un’oca cattiva, suvvia. Eppure ella mi guardava, con occhio vitreo, ed un ghigno sul becco. Scelsi di non prestare oltre attenzione all’animale, forse affetto da qualche malformazione, e ripresi a camminare. L’orrida bestia si mise a seguirmi e a starnazzare sempre più forte, voleva forse accusarmi di qualcosa. Io le oche non le mangio, volli rassicurarla, ma ella essere immondo non demordeva. Con le zampe palmate e l’andatura sculettante teneva il mio passo. Non ebbi più remore, non avrei atteso oltre, presi a correre furibondamente, precipitandomi verso la mia auto. Non ci crederete, l’oca era lì. Con un’abile mossa del becco strappò via la marmitta alla mia auto, fulminea si avventò sul finestrino che frantumò in un baleno, mi colpì, signori, ripetutamente, con tale foga e tale ardore che avrei giurato ci conoscessimo già prima. Una furia omicida che contrastava col candore delle sue piume si abbatté su di me che… “
“Gatto nero” parve urlare uno degli uditori.
“Signore caro, mi pare d’averla sentita dire gatto, ebbene crede che io giri con dei gatti in tasca? Confessi, allora, lei mi crede bugiardo e mi sta prendendo in giro? Io generoso come sono e forte delle parole del Ministro ho deciso di informare coloro che vorranno prestarmi attenzione. Gli animali si stanno ribellando. Dopo l’aggressione al lago credete forse sia finita? Quell’oca mi ha seguito fino a casa. Si è appostata all’esterno della mia abitazione impedendomi di svolgere le mie normali attività. Solo una volta ho osato sfidare la fiera luciferina, mi sono affacciato in strada e fingendo indifferenza ho preso a camminare rasente al muro. Ebbene l’oca rise. Una risata da far invidia a Satana in persona, un verso che mi fece accapponare la pelle (mi capirete certo se non uso la classica espressione pelle d’oca): si faceva beffe di me. Ed eccoci al secondo brutale episodio. Ella mi percosse con le ali, mi morse, mi pizzicò e mi lasciò andare solo perché esausta. Signori, questa è l’apocalisse, non le macchine ma gli animali si ribellano, siate preparati e…”
“Siediti Gerome” disse un uomo, l’unico in piedi.
“Signor Malvase, la prego, taccia. Io devo avvertire tutti qua…”
“Gerome, t’ho detto siediti, il tuo tempo è finito.”
“Malvase, stupida inutile scrofa, io sto cercando di salvarvi la vita. SARAI RESPONSABILEEEEE…”
“Gerome. non costringermi a sedarti, rimettiti nel cerchio della fiducia e stai in silenzio. Male, Gerome, non fai progressi.”
“Oh, dottore, la prego… io i progressi li faccio, lo so che non è vero, glielo giuro, io lo so. L’oca non era cattiva, era tutto nella mia testa.”
Gerome si sedette finalmente tranquillo e si pose in ascolto del paziente successivo, era distratto però, dalle sbarre si vedevano il cielo ed il sole.
Fu in quel momento che lo vide: un piccione lo guardava. Un piccione maligno.