Sei pallida perché
sei stanca di scalare il cielo
e fissare la terra
tu che ti aggiri senza compagnia
tra le stelle che hanno una differente
nascita, tu che cambi
sempre come un occhio senza gioia
che non trova un oggetto degno della
sua costanza?
È forse una delle poesie più belle sulla luna. La musa più ispiratrice, complice e causa di tanti versi spesi al vento delle notti limpide quando se ne sta lì a brillare intensamente, così malinconica, così pallida, così romantica.
E Percy B. Shelley è, non a caso, uno dei più grandi poeti inglesi del romanticismo dell’Ottocento.
Una poesia dai toni malinconici, capace di afferrare il pensiero più profondo dell’animo umano quando si volge alla luna, pallida e solitaria tra le tante stelle che hanno natura diversa dalla sua; che non fa altro che cambiare, mese dopo mese, volto e luce. Nelle notti insonni, pare che certe volte sia stata messa lì per far compagnia ai troppi pensieri che viaggiano nel silenzioso buio delle stanze da letto. Altre volte ancora s’infila nelle stanze con la sua luce discreta, che non dà fastidio, presa in prestito al sole solo per qualche ora. Ammetto di avere un debole per la luna, ed è per questo che ho scelto questa poesia, è come se desse una voce a quel povero satellite senza luce propria, come se gli conferisse volto e voce di una donna che s’aggira solitaria, sebbene sia circondata da esseri luminosi. Un’allegoria riuscita per quello che è, spesso, il cuore di una donna. Magari c’era nascosto questo dietro il messaggio di Shelley, ma chi lo sa … a voi l’interpretazione. La poesia è anche questo.
“Alla Luna” fa parte di quella serie di poesie di Shelley nate dallo slancio del poeta verso l’universo, cosa che, in questo caso, fa attraverso l’ammirazione della Luna. Una poesia che s’iscrive perfettamente nel movimento del romanticismo che trovava la sua espressione attraverso i sensi e le sensazioni.
Le notti in cui non riesco a dormire mi tiene compagnia, penso a quante storie ha visto, quante ne ha ascoltate, quanti desideri si è vista indirizzare e quanti sogni si è vista costruire sopra; penso a quanto possa essere infelice perché vive alla luce di un pianeta che potrebbe bruciarla, a quanto a volte sembri distante e a malapena lucente e quante altre volte invece risplenda fiera e gigante nel cielo estivo, circondata dalle stelle che mai potranno eguagliarla in splendore. A volte, esattamente come Shelley, penso che sia stanca di osservare la terra e che il suo mutare continuo sia solo per ovviare alla sua eterna solitudine.
Altre volte invece penso che decida lei per noi tutti, esattamente come fa col mare.