Scorrono le pagine, prosegue il viaggio, e un passo falso te l’aspetti. Apri il volume tanto più lungo del precedente e pensi, come può essere riuscito ad eguagliarsi? Come può, dopo ben tre capitoli, aver avuto ancora così tanto da scrivere, e averlo fatto per giunta bene? E in effetti non l’ha fatto, King con il quarto capitolo della saga, “La sfera del buio” il titolo di questa ennesima fatica, si è superato, ha surclassato se stesso.
Questa volta il racconto riprende immediatamente dopo la fine del libro precedente, una trovata irriverente sul potere della logica, o sull’uso distorto che si può fare di essa, fa sì che i nostri eroi sfuggano finalmente a Blaine il Mono ( il treno folle dalle pareti invisibili, per chi non ricordasse una delle trovate strambe di King). Finalmente conosciamo molto di più sulla vita del nostro amato Roland, pistolero di poche parole fino a quel momento. La sua infanzia straordinaria, finita troppo in fretta, il viaggio impostogli dal padre che lo vuole lontano da un grande pericolo, il suo rapporto straordinario con i suoi fidi compagni di viaggio di quell’epoca, Cuthbert Allgood e Alain Johns, l’arrivo nella Baronia di Mejis e l’incontro con la dolce, candida, giovane Susan Delgado. Una trovata Shakesperiana quella di King, un racconto nel racconto, un flashback che avrebbe potuto appesantire molto la narrazione, essendo tutt’altro che breve, e che invece l’arricchisce, le dona contorni e sfumature, dà a Roland uno spessore tale da farne quasi una persona reale in un mondo fantastico. La storia procede attraverso il racconto dell’amore di Roland nei confronti di Susan, del sacrificio imposto a Roland da se stesso, la Torre prima di tutto, la presenza di una misteriosa sfera di colore rosa, capace d’irretire chi la possiede ( qualche parallelo con il famigerato anello è inevitabile, lo stesso King si dichiara debitore della celebre opera di Tolkien), la scoperta d’un complotto. Sulla scena irrompe infatti una figura detestabile, Jhon Farson, detto “il Bello”, capo d’una fazione ribelle interessata a macchine da guerra e petrolio presenti nella Baronia. Accuse ingiuste ed una battaglia epocale chiudono il cerchio, del quale ho svelato il meno possibile, vista la trama complicata, degna d’uno stratega, o d’un ragno che tesse con naturalezza una trama che, vista dalla parte del lettore, pare inarrivabile e maestosa. Sul finale del libro la storia riprende nel momento iniziale dello stesso, il nuovo ka-tet di Roland, composto da Susannah, Eddie, Jake ed un bimbolo, si ritrova alle prese con un misterioso figuro, con molte somiglianze col mago di Oz. Roland è pericoloso per chi lo ama, e per le persone che ama lui. Cosa sceglieranno di fare i suoi nuovi compagni? Lo seguiranno o lo lasceranno solo nella ricerca della Torre nera? Nelle ultime pagine del libro la risposta.
È di una tale complessità questo capitolo della serie che spiegarlo risulta davvero arduo, pagine epiche, descrizioni poetiche, versi lirici e racconti di battaglie, tutto è presente. La curiosità di chi voleva sapere di più su Roland è finalmente soddisfatta e Susan, donna sospirata e rimpianta lungamente ne L’ultimo cavaliere, La chiamata dei tre e Terre desolate, acquista finalmente spessore. La conosciamo, la amiamo e la abbandoniamo con lui, col nostro pistolero dall’anima lacerata.
Diceva Holden: Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere, e tutto quello che segue, vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e chiamarlo al telefono tutte le volte che ti gira“
Questo per me è uno di quelli, non mi fermerebbe nemmeno il fatto di conoscere davvero malamente l’inglese, tanto per dire solo thank you non serve chissà che pronuncia.