Perché il nostro mondo non è il mondo di “Otello”. Non si possono fare delle macchine senza acciaio, e non si possono fare delle tragedie senza instabilità sociale. Adesso il mondo è stabile. La gente è felice; ottiene ciò che vuole, e non vuole mai ciò che non può ottenere. Sta bene; è al sicuro; non è mai malata; non ha paura della morte; è serenamente ignorante della passione e della vecchiaia; non è ingombrata né da padri né da madri; non ha spose, figli o amanti che procurino loro emozioni violente; è condizionata in tal modo che praticamente non può fare a meno di condursi come si deve. E se per caso qualche cosa non va, c’è il “soma”… che voi gettate via, fuori dalle finestre, in nome della libertà, signor Selvaggio. “Libertà”!» si mise a ridere. «V’aspettate che i Delta sappiano che cos’è la libertà! Ed ora vi aspettate che capiscano “Otello”! Povero ragazzone!»
“Comunità, Identità, Stabilità”. Queste sono le colonne portanti della società dell’anno di Ford 632.
La dimostrazione autentica che le parole possono dare forma al mondo e alla concezione che l’umanità ha di sé.
Prendendo genialmente spunto da un verso de “La Tempesta” (“Brave New World”), di William Shakespeare, Aldous Huxley traccia le linee di un’utopica fantascienza, le cui ombre annunciano, spaventosamente, le dittature Europee ormai alle porte nel 1932.
Dalla produzione in serie delle automobili, alla produzione in serie delle vite umane. Così la tecnologia salverà il mondo, rendendolo finalmente un posto semplice, lineare, appiattito, in cui non esiste la paura, non esiste l’oscurità, non esiste la depressione.
Il processo Bokanovsky provvede alla selezione in classi gerarchicamente ben definite, a cui la popolazione sottostà senza ribellarsi, perché è così che viene deciso.
Gli alpha guideranno il mondo, i beta occuperanno i posti dell’amministrazione, e le tre classi inferiori si dedicheranno ai lavori più faticosi, senza alzare mai la testa, poiché nessun ragionamento ha mai insegnato loro il valore del dubbio.
Non esiste sesso con amore, non esiste vecchiaia, non esiste storia che ricordi gli sbagli dell’umanità. La vita è un susseguirsi di avvenimenti prestabiliti, decisi dai “Coordinatori Mondiali”, i detentori del potere politico. Il mondo è un posto migliore, perché non esiste guerra, non esiste contrasto.
Finché nell’idilliaca società una scheggia impazzita, un selvaggio avido lettore di Shakespeare, non sembra aprire uno spiraglio, ricordo lontano di un’esistenza in cui la tragedia si insinuava nell’anima come un veleno, e la “soma” non riusciva ancora a curare i mali della mente.
Così Huxley, passo dopo passo, dimostra l’insensatezza dell’utopia, che inevitabilmente si trasforma in un distopico vortice, mostrando l’inutile tentativo umano di raggiungere la perfezione e cancellare l’errore. Le dittature sono possibili perché si promettono facili soluzioni alle difficoltà della vita.
Lineare e conciso, il romanzo mostra la fragilità dell’uomo, sempre alla disperata ricerca di qualcuno che ne guidi l’esistenza, che elimini la concezione di dolore dal suo vocabolario, negandonde così anche la stessa sofferenza.
Non importa se il prezzo da pagare sia l’appiattimento della vita, l’annullamento dell’individualità.
Le sfumature di colore che danno forma all’individuo, la passione, il dubbio, la diversità che rende unici, ostacolano l’equilibrio del potere politico. Così Shakespeare, come ogni memoria del passato, scompare dal Nuovo Mondo, e insieme a lui la capacità della mente umana di esprimere sé stessa.
«Com’è bello il genere umano! Oh mirabile e ignoto mondo che possiedi abitanti così piacevoli!»