A volte risulta difficile definire una storia. Crearle dei limiti entro i quali possa essere catalogata e quindi spiegata, magari compresa. C’è poesia, c’è teatro, c’è novella, c’è fiaba. E parlare di una o di un’altra è cosa assai difficile. Ma cosa succede quando queste si fondono fino a formare un unicum letterario capace di confondere ed attrarre allo stesso modo?
Pierluigi Mele ci porta col suo piccolo ed introverso viaggio culturale e poetico in un mondo fuori dal tempo. Un mondo poco definito ma ricco di dettagli, e non quelli ricercati, ma quelli “banali” che creano personaggi e animano luoghi. “Da qui tutto è lontano” è la prova (su carta) che un libro può e deve creare senza mai abbandonare la realtà e i suoi sogni. I protagonisti di questo viaggio alternativo sono disparati, ma tutti ruotano intorno alla figura maestosa, cinica e affascinante di Mezzaluna, sovrano aspaziale e atemporale, in guerra col suo stesso potere e incline a creare storie surreali per giustificare la sua presenza al Palazzo. Proprio quest’ultimo diventa il luogo di incontri e scontri, confessioni e “scenette” teatrali, insomma fa da sfondo, contorno e riempie. Ed assiste inoltre al passaggio, permanente e non, dei quattro consiglieri del re, Ivo, Guido, Vincenzo e Antonio – “Degli impiastri simili in tutto o pressappoco” -, della bella e sfiorita Violetta, del fedele servo Masì, nonché voce narrante delle vicende, e della regina Voisàva. Spiccano nei ricordi degli stessi attori di questo dramma/narrazione Fanfalone e Tore, figure invasive e nient’affatto marginali.
La storia nasce e si sviluppa attraversando diverse correnti che formano un uragano dalla forza incontrollabile e che lascia conseguenze indelebili. Le vicende personali del re, i suoi ricordi ed i suoi ipnotici discorsi si liberano col passare dei giorni.
“Di tutto, il contrario. È questo il mio gioco. Ma col sorriso, Masì, col sorriso si gioca.”
Una moglie distrutta da una vita non vissuta e dedicata all’uomo sbagliato, un servo incatenato alla debolezza che lo costringe a sopravvivere e un popolo silente che acconsente e non parla. E nel silenzio si consuma una storia di amore e tradimenti, di rimorsi e di potere.
Ma quanto costa fingere di poter guardarsi allo specchio e ridere ignorando le lacrime che vi si riflettono?
“Corriamo via!
Mezzaluna riprende la barchetta di carta sorridendo all’ingenuità di Violetta. – Corriamo via –. Bella frase, sufficiente a demolire una vita. “
La poesia di questo libro la si riconosce nella melodia, il teatro nel sarcasmo, la favola nel surreale, il romanzo nel sogno. E nonostante tutto ti portano a credere e a domandarti, quando finalmente riesci a guardare te stesso e ciò che sei: Më thuaj tani ku jam. Dimmi ora dove sono.
Credo nel sole, le nuvole, il vento, la neve, la stagione improvvisa che torna, la luna nel pozzo e nei conti che tornano. Credo nei colori, e con questo mio nero li stringo tutti. Credo nell’illusione delle parole, ma credo che un canto valga più di tutti i libri che leggeremo. Credo che la poesia viva dovunque, che sia lei a cercarci, che si tuffi nei versi come ultima spiaggia. Credo in chi si commuove per le sciocchezze e ride senza motivo come un idiota nei campi. Credo nella semplicità e la invidio. Credo in chi non ho mai veduto eppure conosco da sempre, in chi alla fatica sfiorisce ma intanto cammina. Credo in chi ascolta, nei vecchi che svelano siccità e abbondanza con il fiuto dei cani. E soprattutto, credo nel giorno in cui nelle prime file delle autorità siederanno i bambini.