Dov’è il limite oltre il quale l’uomo non dovrebbe spingersi? Fino a dove il progresso scientifico, tecnologico, può arrivare? Queste, ed altre similari, sono le domande che ci ripetiamo sovente, spesso in concomitanza a scoperte ed innovazioni che ci lasciano, se non sgomenti, almeno perplessi, come dimenticare per esempio la tenera pecora Dolly. Altre volte invece cose apparentemente aldilà di ogni immaginazione diventano ordinarie col passare del tempo, basti pensare ai trapianti, inizialmente oggetto di grandi interrogativi morali, oggi sinonimo di coscienza ed altruismo.
Tra i generi letterari, senza alcun dubbio, quello che più spesso si è occupato di tali temi è la fantascienza. Scrittori d’ogni tempo, dopotutto il futuro è ogni domani, hanno lasciato volare la loro fantasia che poi, sorprendentemente, si è avvicinata paurosamente alla realtà. Dunque l’uomo, novello Dio creatore, è al centro di un romanzo che è una pietra miliare non solo per gli appassionati del fenomeno, che si presta ad essere apprezzato da lettori d’ogni tipo, di una tale modernità, pur essendo venuto al mondo nel 1972, da consentirne ancora oggi una assoluta vitalità: “Il terminale uomo” di Michael Crichton.
Harry Benson è un uomo, tale notazione potrebbe apparire superflua, ebbene non lo è. Benson è un uomo infatti che si crede una macchina, che crede che tutti gli “aggeggi” tecnologici si stiano impadronendo del pianeta, è uno psicopatico che soffre di un disturbo causato da una lesione al cervello che gli provoca attacchi di spaventosa violenza, preceduti dalla sensazione di avvertire cattivi odori, e seguiti da una totale amnesia circa ciò che è accaduto durante gli stessi. Viene scelto Benson da un’equipe di medici del Neuropsichiatrico di un ospedale di Los Angeles (nei cui sotterranei si trova un computer gigantesco, tanto da occupare una stanza, dopotutto è pur sempre il 1972) per essere sottoposto ad un intervento attraverso il quale un computer viene collegato al suo cervello e, attraverso delle scariche elettriche, controllare in tal modo i suoi attacchi. La psichiatra che lo ha in cura nutre seri dubbi circa la riuscita e la ragionevolezza dell’intervento su di lui, l’intervento però ha luogo lo stesso. Benson appena ripresosi fugge dall’ospedale, deve compiere una missione…
Pochi e poco delineati i personaggi ai quali non ci si affeziona di certo, veri protagonisti sono infatti proprio il progresso, la scienza ed i suoi limiti, gli scrupoli e gli imperativi morali, le ripercussioni che questo moto dell’uomo-Ulisse ha su tutti gli altri. Il filo conduttore è chiaro, tavole, foto, diagrammi e spiegazioni scientifiche non appesantiscono proprio perché trainate da quel filo. Il finale è veloce e sbrigativo, forse appena un po’ troppo, d’altro canto Crichton non cercava colpi di scena, tentava piuttosto di dimostrare una tesi: un limite ci deve essere ma noi, esseri limitati a nostra volta, forse non capiremo mai qual è.
Mio padre ha una mensola, ebbene gli ho lasciato addirittura un’intera mensola, su cui io, maniacalmente lo ammetto, ho provveduto a riporre la sua collezione. Spiccano tra tanti i bei volumi Urania che, se non visivamente, non mi avevano mai blandita. Per caso, come spesso accade a chi non si diletta in attività che comportino sudore ma preferisce leggere e spiegare ad amici e parenti che sì, lo considero uno sport, in un giorno in cui non avevo nulla per le mani ho scelto il titolo che mi pareva meno “pericoloso”. Lo devo ammettere, mi ha entusiasmata e, di ingiallito dal tempo, questo libro ha solo la copertina.