L’economia italiana è ritornata in un periodo di recessione e solo a partire dal 2013, ci sarà una ripresa graduale. È quanto emerge dall’ultimo rapporto ‘Economic Outlook’ dell’Ocse, il quale non porta con sé buone nuove. L’attività economica infatti, dovrebbe rallentare nella prima parte del prossimo anno per poi riprendersi alla fine del 2013. Nel corso di quest’anno, il Pil sarà del -1,7%, anche se l’anno prossimo sarà del -0,4%. Ma non finisce qui. Sempre secondo l’Ocse, “Potrebbe esserci bisogno di alcuni interventi aggiuntivi sui conti pubblici”, ed inoltre “I tagli di spesa programmati e l’aumento delle tasse dovrebbero portare a un’ulteriore riduzione del deficit nel 2013 per poi eliminarlo nel 2014”.
Quello che preoccupa maggiormente è il dato di disoccupazione del nostro Paese, destinato a peggiorare: dal 9,4% si arriverà al 9,9%. Le cause delle difficoltà sono da ritrovarsi nelle problematiche dei Paesi europei più deboli nonché nelle conseguenze di breve periodo delle misure fiscali adottate. In effetti anche gli altri Paesi europei non se la passano bene. Spagna e Grecia hanno una percentuale di disoccupazione giovanile altissima, i ragazzi senza impiego al di sotto dei 25 anni raggiungono quasi il 50%, in Italia approdano al 35,9%, quasi come il Portogallo. In tale ambito, a migliorare è solo la Germania che è riuscita nell’impresa di far calare il tasso di percentuale dall’11,4% al 7,9%.
Ma altri dati disarmanti si aggiungono a questi. Cresce infatti, la piaga dei cosiddetti ‘Neet’, acronimo che sta per ‘not in education, employment or training’, ovvero ragazzi che non fanno nulla, non studiano, non lavorano, né tantomeno si dedicano ad una formazione professionale. In Italia occupano il 19,5% del totale dei ragazzi fino alla soglia dei 25 anni. Più di spagnoli e greci; peggio di noi i messicani, i turchi e gli israeliani. E se la ripresa di un Paese deve partire dai giovani, tali dati non lasciano ben sperare per il nostro futuro. Ma dal rapporto si sottolinea come la situazione sul tasso di disoccupazione giovanile sia allarmante per molti Paesi d’Europa. Ciò che serve, innanzitutto, sono linee guida che devono tracciare i politici dei vari Paesi interessati, per uscire da tale situazione.
Proprio per questo, nella mattinata del 17 maggio scorso, presso la fortezza coloniale ‘Hospicio Cabanas’ di Guadalajara, in Messico, si è svolta la consultazione tra i ministri del lavoro e i rappresentanti dei sindacati e degli imprenditori del G20, presieduta dal Ministro del Lavoro messicano, Rosalinda Velez Juarez. Nel corso dell’incontro, svoltosi nelle giornate del 17 e 18 maggio scorsi, la Confederazione Internazionale dei Sindacati, CSI-ITUC, e l’Organizzazione Internazionale degli Imprenditori, IOE, hanno presentato un appello comune all’azione per l’occupazione giovanile, unanimemente riconosciuta come il problema principale a cui tutti i governi del G20 devono dare risposta, in quanto senza dubbio i giovani sono quelli che stanno maggiormente pagando lo scotto di questa situazione di crisi. Tra l’altro, proprio all’occupazione giovanile sono stati principalmente dedicati i lavori della Task Force sull’Occupazione, istituita dal vertice G20 di Cannes del novembre scorso. Proprio riguardo la Task Force, sia i sindacati che gli imprenditori hanno sottolineato la necessità che essa divenga uno strumento permanente di coordinazione e promozione di politiche del lavoro da parte dei governi del G20. Sempre le parti sociali hanno insistito sulla necessità che i governi promuovano politiche per la crescita, con investimenti pubblici in formazione, ricerca, tecnologia e infrastrutture. Alla fine dei due giorni di incontro di Guadalajara, si è redatto il documento finale che dovrebbe essere accompagnato dalle prime conclusioni della Task Force.
Al di là di dati, statistiche, percentuali, rapporti, documenti ufficiali e allarmismi vari che stanno tediando i cittadini dei vari Paesi colpiti dalla crisi, la politica deve essere sia pensiero sia prassi e ora, dato il momento storico in cui ci troviamo, c’è una sola cosa da fare: agire.