Prendere un libro tra le mani, sfogliarlo, leggerlo ci sembrano azioni talmente normali da essere quasi banali. Ma se solo possedere un libro diventasse una presa di posizione politica, se sfogliarlo fosse un gesto che è già una sfida, se leggere diventasse non soltanto una dichiarazione di passione, ma un atto di seduzione?
La lettura è di certo un’attività che implica (togliendo le obbligatorie, spesso noiose letture scolastiche) un’affermazione di libertà di pensiero, non solo per la scelta del testo ma anche per l’interpretazione personale che se ne può trarre.
Ma proprio per questa ragione i libri sono sempre stati oggetto di persecuzione da parte di regimi totalitari, nel medioevo come nell’età moderna, sotto il nazismo o durante la Rivoluzione culturale del 1966 guidata da Mao Tse-tung. Ma pure quando le pagine si arricciano tra le fiamme, un ignoto eroe salva le preziose idee dalla distruzione, trafugandole in modi fortunosi e fortunatamente efficaci.
E’ così che in un villaggio di contadini inerpicato su una montagna della Fenice del Cielo, in Sichuan, dove il lavoro durissimo è l’unico ticchettio a scandire le giornate di due ragazzi mandati dal governo a rieducarsi, avviene l’incontro deflagrante con una valigia che cambia le sorti dei protagonisti.
La valigia, chiusa con lo spago e accuratamente nascosta da un compagno di rieducazione in un villaggio vicino, contiene volumi dall’intenso, stordente profumo del proibito: in questo modo i due giovani, “nemici del popolo” in quanto presunti intellettuali, cadono nelle spire del vero “peccato”, scoprendo la bellezza e la forza delle opere occidentali vietate dal regime.
L’autore dipinge con sobria delicatezza una completa iniziazione all’amore: i ragazzi conoscono una bellissima sartina del tutto ignorante, ed entrambi se ne innamorano –il narratore in segreto, l’amico in maniera esplicita- con la fresca carnalità dell’adolescenza; parallelamente, attraverso un lungo corteggiamento ed un furto divenuto necessario, si abbandonano ad amplessi, ancora più languidi ed eccitanti perché proibiti, con le eroine di Flaubert, Tolstoj, Dumas e soprattutto con la bella e innocente Ursule Mirouët di Ba-er-za-che, come viene traslitterato il nome del grande Balzac.
L’incontro è abbagliante al punto che il cerchio necessita di una chiusura spontanea ed inevitabile: Luo, il “vero” amante della piccola sarta e ottimo narratore, decide di farsi ponte tra la bellezza della ragazza e lo splendore delle opere scoperte. Inizia così un’opera di rieducazione inversa e attraverso le seducenti parole di Luo la “semplice montanara” viene in contatto con la passione e la forza dei sentimenti, scoprendo anche in se stessa forza e volontà tali da cambiare la propria vita.
Il libro contiene una critica, velata e non feroce, ma resa concreta dalla tranquilla assurdità degli episodi, alla politica del maoismo che negli anni 70 isolò la Cina dalle culture occidentali e permise la distruzione di gran parte del patrimonio culturale cinese: non dimentichiamo che nonostante la trasposizione narrativa il romanzo nasce da una dolorosa esperienza personale. Dopo l’arresto dei suoi genitori in quanto medici e quindi “borghesi reazionari”, Dai Sijie, identificabile nell’anonimo narratore intradiegetico, fu spedito per quattro anni in un villaggio del Sichuan: lì, per sua ammissione, ha conosciuto lavoro pesante e situazioni ai limiti del verosimile, dove contadini e presunti intellettuali venivano schiacciati in egual misura dalla repressione, spinti verso l’ignoranza e l’incapacità di reagire che di essa è una prima conseguenza.
Ma soprattutto il romanzo celebra l’incantesimo potente della cultura, dapprima attraverso la musica commovente di un violino, poi attraverso la narrazione orale di spettacoli cinematografici ed infine attraverso la lettura di opere che toccano l’anima di ogni uomo sia pur illetterato e rozzo.
La bellezza di una donna è un tesoro inestimabile, afferma la piccola sarta dicendo addio al suo giovane amore. Ma ancora più inestimabile, sussurra l’autore, ancora più prezioso ed immortale è il potere eversivo e creativo della parola scritta, che riesce a costruire sogni dove la realtà ha zavorrato e poi ucciso ogni tentativo di volo.