La pioggia dei giorni scorsi ristagna in putridi laghetti in cui veleggiano, tranquilli, brandelli di carta straccia. Nel parco deserto, ciabatte e vestaglia, la signora del quinto piano si danna perché il suo cane non la beva. Strattona il guinzaglio, lancia sommesse maledizioni, poi desiste e con gran dignità accende la prima sigaretta della giornata, lasciando che fido sguazzi felice. Nel silenzio assoluto di una domenica mattina sento distintamente il click del suo accendino mentre in piedi, accanto alla finestra, bevo il caffè il cui aroma ha fugato gli odori della notte. Il gatto raspa indolente le mie pantofole, vorrebbe giocare, ma io non posso.
Oggi mi tocca.
Pane, sigarette, e l’ascensore che fruscia silenzioso fino al terzo piano. Srotolo il cortometraggio delle cose da fare prima di vedere Tina mentre mi vesto. In silenzio, per non svegliare nessuno. Le spiegazioni da dare a mia moglie, il suo astio, meglio evitare e sgusciare via.
Amo Tina. Così è, se ti pare.
E oggi non posso fare a meno di vederla. Durante la settimana basta qualche incontro fugace, ma a domeniche alterne mi vuole tutto per sé. Non me lo dice, ma lo so. Lo intuisco anche dai suoi silenzi. So che aspetta la domenica per vedere la televisione insieme facendoci le coccole. Mentre scorre il rullo degli spettacoli, io la accarezzo e lei mi guarda. Nei suoi occhi leggo di noi, delle mie fughe e delle sue attese, della mia ira e della sua pazienza, delle litigate e delle riconciliazioni. Sempre bellissime, una carezza e una promessa d’amore. Che non è mai finito, anche dopo tutti questi anni.
Un euro per il pane, quattro per le sigarette e poi via, verso il suo portone. Nascondo il pacchetto nella tasca, Tina non ha mai voluto che fumassi. Ancora oggi quando devo, lo faccio di nascosto, fiondandomi in cucina appena si appisola.
Ormai siamo anziani entrambi ma Tina lo è più di me. Per me, però, è ancora bellissima come quando ho incontrato per la prima volta il suo sorriso e la sua voce. Che mi strugge ancora adesso che è ridotta a un roco sospiro quando mi dice, ti voglio bene, e la malinconia la prende, quando vorrebbe stringermi per sentirmi più suo, ma le sue braccia non hanno più forza e allora mi graffia una carezza gentile. Io di più, rispondo. Non dico che l’amo, anche se è quello che sento, a Tina non piacerebbe. A lei il bene, a mia moglie l’amore, e va bene così.
Un amico, due. Buona domenica a te e forza Napoli, ché oggi la partita è importante, anche se non me ne frega niente, figuriamoci se ci mettiamo a vedere la partita, io e Tina. Abbiamo tante cose da dirci prima che venga sera.
Sfilo dal pantalone la chiave e sorrido ricordandomi di quando lei me l’ha data. Tienila, puoi tornare quando vuoi, anche se adesso hai un’altra io sarò sempre qui ad aspettarti.
Una mandata, apro la porta e la vedo seduta, tutta bianca, sulla sua poltrona.
Ciao mamma sono arrivato.