Ho sentito dire tante volte da troppe persone che il mondo è piccolo, persino troppo piccolo.
Come dargli torto d’altronde, è minuscolo questo pianeta se lo si guarda dallo schermo di un pc, di una televisione o dalle pagine di un libro. Viaggiarlo però è un’altra cosa, i confini a viverlo riprendono forma e sostanza, le distanze consistenza e le diversità, le magnifiche diversità esistono, eccome se esistono.
Cronista, inviato, giornalista, scrittore, viaggiatore, esploratore, idealista, uomo ardimentoso, queste ed altre cose era Tiziano Terzani. E per carità, non confondiamone la spiritualità, la spinta trascendente, in particolare degli ultimi anni, con un’aura di santità. Aveva un’anima ed un senso del divino fuori misura questo è certo, ma anche i sandali sporchi e consumati di chi ha molto camminato, sulla terra, per il mondo.
Se dovessi dare una definizione al suo “Un indovino mi disse”, non sarei in grado di farlo. Racconta l’Asia a lui cara, si racconta e racconta un mondo che l’incedere del “nuovo” in realtà sta mangiando, fagocitando un pezzetto alla volta, che non saremo più in grado di vedere come lo vide lui, pur indossando suole altrettanto consumate.
Un occidentale, seppure sui generis, nel 1976 incontra un indovino cinese a Hong Kong, il quale gli predice una sciagura aerea in seguito alla quale perderà la vita in un preciso anno futuro: il 1993. Quell’occidentale, quell’inviato che ha visto da vicino guerre e morte, resta turbato dalla preveggenza stessa, sebbene, da buon appartenente ad una cultura razionale, riponga tale turbamento fra le altre mille ragioni per ridere di sé. Gli anni passano e Terzani che ha ben sepolto il funesto messaggio quasi non ci pensa più, il tempo però scorre, come sempre accade nostro malgrado, ed il 1993 arriva. La curiosità per un modo diverso di girare il mondo e, perché no, un po’ di timore, spingono Terzani a fare qualcosa di impensabile perfino per molti autostoppisti europei: viaggiare in Oriente senza mai prendere l’aereo. Mezzi di fortuna accompagnano da quel momento in poi il novello Ulisse, che proprio come l’eroe greco vede il tempo dilatarsi a dismisura, viaggiando su rotaie e natanti mescolato alla popolazione verace e variopinta, non sempre amichevole. Non solo allora i tragitti si fanno più intensi, ma anche i disagi e le frustrazioni da un lato, le conversazioni ed i contatti dall’altro. Come se l’anima di metallo che in un solo ruggito può trasportare vite ed uomini da un capo all’altro della Terra con quella innaturale velocità, possa anche sottrarre agli occupanti della sua pancia fredda un pezzo d’anima.
Terzani stesso poi ci dice di più, a cinquant’anni aveva voglia di aggiungere “un pizzico di poesia” alla sua vita, e la poesia si nasconde ovunque, non solo in un tramonto, in un paesaggio soleggiato, su cime immacolate ed innevate, ma anche in un vagone affollato o in un paese al di fuori di qualsiasi rotta commerciale.
Cos’è un giornalista e cosa un viaggiatore?
Nessuno può negare che le comodità dei trasporti, la velocità degli spostamenti e la loro sicurezza abbiano aiutato tanti a scoprire in sé una voglia di conoscenza che altrimenti sarebbe rimasta sopita, è altrettanto innegabile però che uomini come Terzani abbiano avuto il coraggio di sperimentare strade meno battute.
Se qualcuno volesse un consiglio su un libro d’avventura da leggere io indicherei senz’altro questo, un reportage di viaggio che è insieme biografia e racconto storico. Terzani è stato un uomo avventuroso non c’è dubbio, ed ecco il privilegio del lettore: volare senza aereo come scelse di fare lui, con la fantasia.
Allacciate le cinture e state certi, non ci saranno vuoti d’aria se non quelli provocati dall’emozione.