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Il mito di Narciso: Ovidio, Dalì e il narcisismo d’oggi.

Tra il 1936 e il 1937, il pittore catalano Salvador Dalì dipinse la Metamorfosi di Narciso, conservata alla Tate Gallery di Londra. Il quadro è ricco di particolari e simboli e, per la prima volta, è possibile notare chiaramente l’uso del metodo “critico-paranoico”, definito da Dalì come “il metodo spontaneo di conoscenza irrazionale dei fenomeni deliranti”. Dalì ci mostra la trasformazione di Narciso, partendo da sinistra verso destra. Inizialmente, il giovane ci viene presentato con colori vivi, accartocciato su stesso, in posizione fetale e simile a una grande roccia, la cui immagine troneggia sullo specchio d’acqua sottostante. A seguire la metamorfosi: Narciso diviene sagoma di una mano, avente la sua stessa fisionomia, che regge un uovo crepato da cui fuoriesce il fiore che da lui prenderà il nome. Proprio quest’ultimo diviene simbolo e risultato finale di un percorso chiuso, incentrato sull’amore esclusivo verso sé stesso. Il pittore di Figueres è solo uno dei tanti artisti che hanno tratto ispirazione e si sono serviti del mito di Narciso.

Ma chi era Narciso?

Riporto la versione romana del mito, così come viene raccontata da Ovidio nel III libro delle Metamorfosi:

Narciso, figlio di Cefiso e della ninfa Liriope è – fin da neonato – dotato di una straordinaria bellezza. La madre, preoccupata per il futuro del bambino, consulta l’indovino Tiresia che gli predice una lunga vecchiaia solo “se non conoscerà sé stesso” (completo capovolgimento del gnôthi seautón greco). Il giovane cresce e diviene presto oggetto d’attenzione da parte di uomini e donne, folgorati dalla sua grazia. Egli, però, rifiuta sdegnosamente ogni amore. A questo punto la storia si intreccia con quella della ninfa dei monti Eco, in passato dotata di eccezionale parlantina e, in seguito, punita da Giunone perché con le troppe parole l’aveva distratta per favorire gli amori di Zeus. Eco viene privata, quindi, della sua voce ed è costretta a ripetere in eterno solo le ultime parole gridate da qualcun altro. La sfortunata ninfa, incontra per caso Narciso nel bosco e se ne innamora perdutamente. Non potendo esprimere a parole il suo amore, corre incontro al giovane, ma è da questo scacciata in malo modo. La delusione consuma la giovane Eco, fino a che di lei rimane solo la voce. Un giorno, però, una delle vittime dell’arroganza di Narciso innalza agli Dei questa preghiera: “Che possa innamorarsi anche lui e non possedere chi ama!”. Nemesi accoglie la preghiera e l’infelice epilogo di Narciso è da tutti conosciuto: il giovane si innamora della sua immagine riflessa nell’acqua e comprendendo che non avrebbe mai potuto realizzare quell’amore, si lascia morire, struggendosi. Al posto del corpo fu poi trovato un fiore, a cui si diede il suo nome. Narciso ed Eco, come già notato da molti, sono due facce della stessa medaglia: Narciso è identità assoluta che non sa, non vuole e non può conoscere l’altro; Eco è alterità assoluta che non conosce identità. Narciso sa amare solo sé stesso, è incapace di provare empatia, non sa mettersi in discussione e non vuole correre il rischio di sentirsi fragile, aprirsi all’altro senza garanzie, con il rischio di restare deluso o ferito.

Dalla mitologia alla psicologia: la storia di Narciso permette di descrivere il disturbo narcisistico di personalità. Sono nove i criteri individuati dal DSM-IV TR per diagnosticare questo tipo di disturbo, che è caratterizzato – in estrema sintesi – da un’idea grandiosa di sé e un annullamento dei bisogni dell’altro. Tuttavia, si vocifera una possibile eliminazione del disturbo narcisistico di personalità dal DSM-V. Numerosi i motivi alla base, difficili da comprendere per una profana come me. In ogni caso, mi sembra di capire che ci sia, dietro un’eventuale decisione, anche l’idea che ormai nessuno sia immune da questo tipo di disturbo; siamo tutti ingabbiati in una società “narcisista”, dove la distanza emotiva dalle relazioni intime e la chiusura dentro sé stessi/verso gli altri sono all’ordine del giorno. Ancora, legato alle nuove tecnologie, si è diffuso a macchia d’olio il “narcisismo digitale”, caratterizzato da un culto smodato della propria personalità (condivisione di scatti, pensieri, video e messaggi), che porta alla creazione di prodotti esclusivamente autoreferenziali.

Che non sia il caso di rifletterci…e provare a placare il Narciso che prende spazio in ognuno di noi.