Trascorrono gli anni, cambiano le epoche, ma la realtà di Napoli continua ad essere un argomento da trattare con le pinze. Le sue culture, le sue tradizioni, le varie sfumature che possiede il capoluogo campano, spesso si trasformano per molti in mero folklore, in una semplice risata. La poesia, l’incanto, gli odori dei vicoli del centro storico, vengono semplificate nelle sole immagini di vestiti stesi al sole ad asciugare e di qualche urlo detto in dialetto. C’è chi monta servizi, chi si occupa delle problematiche della città senza sapere minimamente di che sta parlando e cade nei soliti luoghi comuni che da decenni colpiscono i napoletani. Conoscere la città, le varie sfaccettature, le eterogenee realtà dei vari quartieri, captarne i segreti, è roba per pochi. Solo chi ha la volontà di gettarsi a capofitto per cercare le verità, con estrema onestà intellettuale, allora può comprendere meglio Napoli.
Gli stessi napoletani faticano a farlo, troppo presi dalle loro problematiche quotidiane e spesso anche loro dando giudizi sulla propria città, si lasciano andare a facili luoghi comuni. Le problematiche intanto, continuano ad esistere, in determinate occasioni, si acuiscono addirittura. Le opinioni si affollano, le soluzioni si vedono in lontananza. Tra il lassismo delle politiche locali, totalmente assenti in realtà periferiche, che continuano a ripetere solamente che i cittadini di Napoli dovrebbero impegnarsi di più nel rispetto della propria città e il conseguente j’accuse del popolo partenopeo contro le amministrazioni locali, non si trova un punto d’accordo per venirne a capo. Se ci aggiungiamo anche l’indifferenza di chi sembra che voglia dire “Lascia stare, non sono problemi nostri, ci sta chi ci pensa”, un po’ come cantava Pino Daniele nella sua ‘Ce sta chi ce penza’, o di chi si limita a dire che “E’ colpa del Governo, quelli mangiano sulle nostre spalle”, la situazione si aggrava. Si aggrava perché fondi di verità ci sono: anni e anni di mala politica hanno rovinato Napoli, anni e anni di indifferenza l’hanno messa in ginocchio. Quella stessa politica che Pino Daniele canzonava nella sua ‘Na tazzulella ‘e cafè’ e quella stessa indifferenza che lo stesso cantautore partenopeo denunciava in ‘Ce sta chi ce penza’. Due brani incisi nel lontano 1977.
Siamo nel 2012 e mala politica e indifferenza vanno ancora a braccetto, determinate problematiche continuano ad esistere senza che si sia fatto nulla per risolverle. Dunque nulla è cambiato e nulla cambierà? Se continuano ad esistere gli stessi problemi da decenni, come risolverli? E chi li deve risolvere? La risposta alla terza domanda è semplice: è compito di tutti risolvere le diverse problematiche della città di Napoli, cittadini e politica insieme, con una perfetta collaborazione all’unisono. Sul come risolverle, occorre spendere qualche parola in più. La risposta è la cultura. Iniziando un processo di riqualificazione delle aree disagiate della città di Napoli e delle aree periferiche del capoluogo, bisognerebbe dare la possibilità ai cittadini che vivono in queste zone, di avvicinarsi alla cultura. E per ripartire, bisogna incominciare dai più giovani. Essi devono capire che fare il cosiddetto ‘palo’ a favore degli spacciatori è sbagliato, che il boss del luogo dà sostentamento alle famiglie con soldi sporchi, che il posto per un bambino, per un adolescente è la scuola. Quando parlo di cultura però, non intendo solo istruzione o leggere libri. Intendo anche la cultura dello sport, la cultura familiare, insomma la possibilità di far crescere dei ragazzi in quartieri dove si ha la possibilità di scegliere varie attività da svolgere e dove la malavita non avrebbe terreno fertile per prendere il sopravvento. Le stesse famiglie devono incominciare ad assicurare un futuro ai propri figli. Una madre, un padre, devono capire che presentare il proprio bambino al ‘capozona’ significa ammazzargli l’anima, non assicuragli un futuro migliore. In molti casi significa assicuragli la morte. La gente della ‘Napoli da bene’, non può chiudersi nelle proprie zone ed essere indifferente alle altre realtà degli altri quartieri. Napoli è una sola, tutti i cittadini devono essere solidali tra di loro e collaborare per il bene comune della propria città.
Il popolo dunque deve divenire un popolo cosciente, ma le amministrazioni locali anche. Le infrastrutture, i circoli, le scuole, insomma realtà dove poter svolgere uno stile di vita normale, le deve creare la politica. Anch’essa deve essere coscienziosa. Non possono esistere quartieri dove sorgono solo palazzoni col nulla intorno, non possono essere candidati ancora personaggi collusi con la malavita o altri che parlano un italiano stentato, insomma anche al posto di comando, servono uomini di cultura.
Giungiamo così alla conclusione, rispondendo alla prima delle tre domande sopracitate: nulla è cambiato e nulla cambierà? Molte cose sono cambiate in meglio a Napoli, il porto ad esempio, è diventato scalo per le navi da crociera, nel corso degli anni si tengono sempre eventi importanti ed attendiamo impazienti il ‘Forum delle culture’ nel 2013, insomma qualcosa si muove, c’è fermento, soprattutto nei giovani autori e scrittori partenopei. C’è ancora molto da fare e la cultura può risollevare le sorti della città con un processo i cui frutti, ovviamente, non si possono vedere subito ma nel corso del tempo, è un processo generazionale che può garantire un futuro diverso. Nulla cambierà? Agli uomini di cultura tocca scrivere questo futuro diverso per creare una storia dall’epilogo felice e si sa che la gente adora il lieto fine.