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Simbolo dell’anti-utopia, profetico e terribile: “1984” di George Orwell.

Alla base della vita e dell’esperienza  intellettuale di George Orwell c’è indubbiamente l’alienazione e l’esilio di un uomo che difficilmente ha trovato in un luogo, in una classe sociale, in un’ideologia o in un partito politico la propria fissa dimora: povero tra i ricchi, moralista tra i politici, condottiero della verità nell’epoca della menzogna, ultima espressione dell’individualità nell’epoca della massificazione e in un’Europa spaccata dagli universalismi e freddata in due blocchi contrapposti.

Tutti i suoi romanzi, saggi e articoli di giornale sono da considerarsi tasselli di un solo grande mosaico, e i diversi protagonisti delle sue storie non sono altro che le diverse personalità del loro autore che ha denunciato e rifiutato ripetutamente alcuni aspetti tra i più feroci della civiltà contemporanea: la violenta dominazione delle colonie, l’alienazione religiosa, il consumismo, il capitalismo, la massificazione e la manipolazione della verità.

In 1984, complice sicuramente la grave situazione internazionale e il peggioramento della condizione fisica del suo autore, lo sfondo diventa invece quello della più terrificante Apocalisse. Siamo giunti ormai alla fine dell’uomo inteso come essere umano e individuo. Nel mondo del 1984 – la data è stata scelta invertendo le ultime due cifre dell’anno di pubblicazione – la speranza è finita e gli uomini vengono privati di ogni libertà d’azione e di pensiero. Il mondo è diventato così, prendendo in prestito le parole di Adorno, una prigione all’aria aperta.

Lo scenario geo-politico è composto da tre potenze totalitarie e dispotiche in conflitto tra loro: Oceania, Eurasia ed Estasia. In Oceania la sede dei vari ministeri è Londra. Il partito socialista inglese è il Socing, e tutta la società è sotto il dominio di un partito unico definito semplicemente Il Partito e con a capo il Grande Fratello, personaggio sinistro e misterioso che nessuno ha mai visto e che costantemente controlla la vita di tutti i cittadini. I suoi occhi sono una strana combinazione di telecamere con schermo installate in ogni abitazione e che nessuno può spegnere, che diffondono la propaganda del grande occhio e che spiano la vita di ogni membro esterno iscritto al partito. Questa specie di feticistica divinità onnipresente, dogmatica ed intangibile, idolatrata quindi da seguaci che sono certi della sua esistenza, è dotata anche di un apparato di gestione dell’ordine chiamato psicopolizia, che interviene in casi di eterodossia o di sovversione pubblica.

In questo mondo dominato dalla burocrazia e dal terrore si muove Winston Smith, incaricato di rettificare e modificare gli articoli di giornale in disaccordo con la politica propagandistica del Socing, di renderli più veri e più giusti perché in contrasto con le presunte verità del Grande Fratello, e che alla fine decide di ribellarsi alla società che ha fatto della manipolazione della verità e del suo apparato intimidatorio i suoi strumenti di potere.

L’idea che regge tutto 1984 sta nella consapevolezza che, dopo aver sconfitto il nemico delle bombe, è arrivato il momento di affrontare uno ancora più complesso e temibile, che ha iniziato una guerra dalle regole indefinibili e ambigue e che potrebbe causare conseguenze certamente terrificanti ma incalcolabili: la distruzione del passato. Orwell vedeva nel passato l’ultimo baluardo dell’umanità contro la disumanizzazione dei regimi totalitari. Il passato, a differenza del futuro o anche del presente, è un dato reale, una potenziale certezza, è accaduto, contiene più fondatezza e attendibilità di ogni demagogia o mistificazione, ed appartiene alla mente dell’uomo, quindi incancellabile. La memoria ci dà un’identità, ci rende quello che siamo e che saremo, prolifera l’immaginazione e le nostre emozioni, ci illumina di un’idea dell’Amore, sconfigge la morte dei cari e la meditazione sui ricordi apre alla creazione artistica, o un varco nel futuro con l’ausilio della riflessione, una riflessione che porta sempre con sé il dono della speranza. Grazie alla memoria collettiva tutto questo è possibile, ma la potenza dei mezzi di comunicazione può corrompere, modificare o persino distruggere le nostre capacità critiche, creative o emotive.

Molti sono i temi trattati in quest’opera, e oltre alla denuncia del totalitarismo esce fuori puntualmente un amore smisurato per la libertà individuale. Infatti Winston Smith annota nel suo diario le seguenti parole:

<<  La libertà consiste nella libertà di dire che due più due fa quattro. Se è concessa questa libertà, ne seguono tutte le altre. >>

Ciò comporta un’ossessione smodata per le libertà fondamentali dalle quali nascono tutte le altre e su cui si fonda l’essenza stessa dell’esistenza umana.

Tra tutti i romanzi dell’anti-utopia (o distopia) il più terribile e riuscito è sicuramente quello di Orwell. Non solo perché qualcosa di molto simile è già accaduto nel nostro secolo, ma riesce anche con molta naturalezza a raccontare un incubo, psicologico e materiale assieme, molto vicino ai nostri tempi di quanto non sembri. E soprattutto, questo è il grande romanzo della totale e assoluta debolezza dell’uomo contro il potere, un potere che oggi più che in altre epoche sembra tanto astratto quanto più difficile da capire.