Ci sono righe che conservano, infilato tra le immagini, le riflessioni, i dialoghi, un profumo segreto; e quel profumo, come una conserva di ricordi, non appena si svita il coperchio riporta le immagini che intrideva sulla carta.
Accade, com’è giusto, con Il profumo di Suskind, è appuntamento ovvio come una tazza di tiglio nella Ricerca di Proust. Ma ancor più quando il libro porta con sé, come un erbario, mazzetti di piantine da stropicciare tra le dita, foglie di dragoncello e gambi di cipollina tritati, profumi acuti di verde e penetranti e dolci, mescolati alla cremosità di uovo lentamente rappreso, il giallo chiaro striato di bianche ditate, le bolle dorate del burro.
E questi odori materializzano il viso di un uomo ritroso, pesante nel corpo come nell’anima, non ottuso, ma sconosciuto a se stesso. Un uomo che trascina la vita tracciando parole strette nelle strette righe di un giornale stretto dalla censura in un Paese stretto da un tiranno.
Un uomo qualunque con una vita così qualunque da non accorgersi neanche di esistere. Fino a che non inciampa nella vita, rovinosamente cadendovi, e rialzandosi infine, dopo essersi incontrato e riconosciuto nel suo opposto, in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell’imbarazzo di mettere su la pagina culturale, perché il “Lisboa” aveva ormai una pagina culturale, e l’avevano affidata a lui. E lui, Pereira, rifletteva sulla morte.
Tutto si mantiene in questa riflessione tra la vita e la morte, i due elementi sbattuti insieme come nell’omelette e insieme tenuti con la forza della fiamma.
Così quest’uomo triste incontra la vita in un giovane cui affida –così vuole il destino- la scrittura di necrologi di scrittori famosi. Scettico, puntando i piedi, legato alla morte nei continui discorsi con la moglie defunta, Pereira ci trascina con sé, aggrappati al suo corpaccione odoroso di erbette e limonata e malattia di cuore, verso il poliziotto che picchierà a morte il ragazzo, e insieme ci chiniamo sull’ennesima vittima della dittatura, e piangiamo: Era un ragazzo allegro, che amava la vita e che invece era stato chiamato a scrivere sulla morte, compito al quale non si era sottratto. E stanotte la morte è andata a cercarlo.
È tuttavia grazie a quella morte che Pereira abbraccia definitivamente la vita e sceglie di rinascere in vesti coraggiose, fieramente macchiate di sangue. Imbracciando parole, si muove pesante e deciso verso la ribellione e la libertà.
E scopre che il sapore della libertà è come la limonata: anche se ci si aggiunge tantissimo zucchero, lega i denti lo stesso.