Una scena piana e immobile: tavoli da gioco, marchesi, duchi, dottori, religiosi talmente presi da questa morbosa forma di intrattenimento da non sapersi staccare dai loro posti, lamentandosi sempre, tutti, di perdere di continuo. Nella residenza della principessa di Roccasciano, vent’anni dopo l’Unità d’Italia, c’è un via vai incessante di gente, anche di sconosciuti, cosicché ogni mattina, dopo notti intere passate in preda alla smania del gioco, si mostrano chiari e indelebili agli occhi della padrona di casa i segni del disfacimento, della rovina: stoffe e tappeti sciupati e abbruttiti, porte scrostate, sedie zoppicanti. Anche se la principessa cercasse un po’ di tregua nella sua residenza di campagna, la sua vita cittadina inevitabilmente la inseguirebbe, la inseguirebbero gli stessi personaggi che popolavano casa Roccasciano, e si ricomincerebbe a giocare. Non può ristrutturare la sua casa, perché è a corto di denaro; decidendo di smettere di giocare, si ammala gravemente. È perseguitata dalla disdetta, da una sorte avversa, alla quale infine si arrende, rendendosi conto di non saper far altro che giocare.
La novella descrive crudamente l’aristocrazia durante il suo lento e boccheggiante decadimento: sta perdendo il suo potere, ma non è in grado di risollevarsi, non può che arrendersi. Federico De Roberto sceglie per “La disdetta” uno stile segmentato, quasi giornalistico, semplice, che condanna l’esistenza della principessa a un senso di immobilità quasi insistente, di modo che non vi è una successione temporale né una parvenza di sequenza logica , non succede nulla, i personaggi non mutano.
Il gioco è presentato come una passione che diventa malattia, ma collettiva, non propria del singolo. Infatti, tutti i personaggi presenti nel racconto ne sono ugualmente vittime, così come sono fatalmente perseguitati dalla disdetta. Vivono in un’abulica inconsapevolezza della loro condizione e, anche qualora si rendessero conto di ciò che sta loro accadendo, la loro reazione non sarebbe che di noncurante passività: non vi sono eroi tra questi nobili. Tra loro si aggira lo spettro della povertà, ricordata, insistita, temuta ma non combattuta. È il primo passo verso la catastrofe, la prima mostruosa conseguenza che la disdetta si è portata con sé.