È stato tramandato nei manoscritti con il titolo De vita et moribus Iulii Agricolae o De vita Iulii Agricolae, ma è noto semplicemente come Agricola. Si tratta di una delle opere più celebri di quello che è considerato, insieme a Livio, il più grande storico che la letteratura latina ci abbia consegnato: Cornelio Tacito.
Tralasciando le due opere maggiori, le Historie e gli Annales, ad attirare il favore dei critici e la curiosità del grande pubblico sono state soprattutto le monografie dello scrittore originario della Gallia: Agricola, appunto, e Germania.
Noi ci concentriamo sulla prima, con tutta probabilità conclusa nel 97 d. C., negli ultimi mesi dell’impero di Nerva, e pubblicato l’anno successivo.
Protagonista indiscusso è Agricola, generale romano nonchè suocero di Tacito. Dopo un proemio di straordinaria importanza, che presenta sia la figura di Agricola sia – in nuce – la visione che l’autore ha della Storia ( forte è la denuncia del principato tirannico di Domiziano e la speranza nei suoi successori Nerva e Traiano), Tacito rievoca brevemente le origini, la formazione e la carriera del protagonista, fino al momento dell’assegnazione della carica di governatore della Britannia: siamo nel 78 d. C.
Si innesta qui il celebre excursus di carattere geo-etnografico sull’isola e sulle abitudini dei suoi abitanti; segue una ricostruzione della conquista romana in quelle regioni e, quindi, si entra nel cuore dell’opera, occupata dalle tanti azioni, si di carattere amministrativo che militare, compiute dal governatore nel corso dei suoi sette anni trascorsi sull’isola. Un particolare rilievo viene conferito allo scontro con la valorosa popolazione dei Calèdoni, piegati dopo una fiera resistenza (vengono qui simmetricamente presentati i discorsi dei due generali nemici, Càlgaco e Agricola).
Il governatore viene richiamato dall’imperatore Domiziano, invidioso dei successi del generale. Infine subrentra la morte, che, prematura quanto sospetta, coglie Agricola nel 93d. C.
Cosa spiega il successo dell’opera? Probabilmente l’ambizione del suo autore. Tacito costruisce un’impalcatura complessa, che contiene in sè tanti generi: la biografia, la laudatio funebris, il pamphlet politico, l’encomio, la monografia storica. Essi si intersecano tra di loro, così come gli interessi privati e la riflessione sui destini di Roma. Ma l’unità dell’opera risulta preservata dallo sguardo dell’autore, dalla forza della sua narrazione.
E chiara è, da parte di Tacito, l’indicazione di un modello da seguire. La figura di Agricola incarna la virtù della medietas, cardine dell’etica classica: è l’uomo politico che ha servito lo Stato con fedeltà, onestà e dedizione, pur vivendo in un’epoca di tirannide. È la via mediana da seguire tra gli estremi del servilismo abietto, da un lato, e la sterile opposizione – spesso sfociante nel suicidio stoico – dall’altra.
Un esempio da consegnare alla Storia.