<< Ho tentato di negare tutto; oh, distruggere è facile, ma ricostruire! >>
<< Così cominciò il tramonto di Zarathustra. >>
Di Friedrich Nietzsche, a partire dalla sorella Elisabeth che ha curato gran parte dell’opera postuma, e da Heidegger, un altro grande del pensiero contemporaneo, ci è stata trasmessa l’immagine di un titano del pensiero, di un mito, del filosofo di culto. Soprattutto uno scrittore formidabile, una scrittura suggestiva e terrificante che continua ad invadere mente e corpo da più di un secolo. Di Nietzsche, però, va riconosciuta soprattutto la grandezza di psicologo. La sua filosofia è il punto d’inizio per una più realistica e pragmatica. Nietzsche è stato il primo grande eroe della verità che si cela dietro le nostre vite, nel senso che è stato il primo filosofo che non ha negato niente a nessuno. Proprio su un piano squisitamente psicologico, partendo da una rigorosa autoanalisi, che possiamo constatare come Nietzsche mettesse al centro del proprio universo l’iconoclastia, la negazione nullificante di ogni fondamento ontologico dell’esistenza.
Dopo più di un secolo dalla sua composizione risulta ancora complesso definire, con tutta coscienza, cosa sia in realtà lo Zarathustra di Nietzsche. Secondo l’enigmatica formula del suo autore, che fa da sottotitolo all’opera, se sia “di tutti o per nessuno“. Esiste davvero un libro per tutti? La risposta sembra scontata, come sembra scontato considerarlo inutile se è stato scritto per nessuno. Bisognerebbe cominciare a chiedersi invece se davvero lo Zarathustra sia solo, o principalmente, un libro. Un quesito davvero inquietante, che racchiude tanti altri quesiti: davvero sicuri che l’Iliade, la Repubblica, il Vecchio Testamento o i Vangeli, solo per citare alcuni, siano soltanto dei libri? In fin dei conti, cos’è in realtà un libro? Ogni osservazione si limiterebbe alle caratteristiche materiali ed esteriori per descriverne le funzioni basilari, alcuni metterebbero giù un discorso prettamente metaforico, ed altri si perderanno nelle logiche che iscrivono l’oggetto nello spazio della critica letteraria.
Zarathustra no. Zarathustra non è un libro, o almeno non lo era nelle intenzioni del suo artefice. Egli lo intendeva piuttosto come un evento: un evento che avrebbe spaccato in due la storia dell’Umanità. Proprio come il Vangelo, del quale lo Zarathustra sembra una singolare parafrasi capovolta; o come la dottrina di Zoroastro, mitico fondatore della religione mazdeista descritta nell’Avesta, il testo sacro dell’antica religione persiana. Lo Zarathustra di Nietzsche è il capovolgimento dialettico, dai toni messianici, dello Zarathustra persiano, cioè il ripetersi, nel continuo ciclo dei millenni, della dottrina del Bene, che giunge a restaurare l’armonia cosmica dell’Universo dopo secoli di malvagità e decadenza. Il testo si pone come il tentativo di trasmutare definitivamente, in chiave principalmente allegorica – come del resto hanno fatto i testi della Nuova e Antica Alleanza – tutta quella cultura che ha segnato il destino dell’Europa per più di due millenni: concezione greca del cosmo con quella semitica della Natura soggetta a Dio, immanenza e trascendenza, Platonismo e Cristianesimo, Materialismo e Idealismo.
L’opera è lo svolgersi mitopoietico del segreto svelato dalla dottrina, che sancisce per sempre le sorti dell’Umanità intera: il “Super – Uomo”. Zarathustra torna, attraverso le parole di Nietzsche, per ritrattare e confutare la sua stessa dottrina, cioè la visione dualistica alla base dell’Esistenza, Bene e Male, Materia e Spirito, Corpo e Anima, annunciando l’avvento dell’Umanità “oltre – umana” capace di ricomporre l’unità della Vita.
Quanti millenni ancora dovremmo aspettare per comprendere appieno questa grande rivelazione, senza ridurla a mania letteraria e confinandola nei bizzarri schemi di una patologia mentale? Ecco allora spiegata la strana dedica di Zarathustra, a tutti o a nessuno: a tutti, perché un evento profetico si indirizza per sua natura all’esistenza e alle sorti di tutti gli umani; a nessuno, poiché solo coloro che vorranno toccare ed essere quindi trasformati dall’evento potranno comprendere la portata di tale rivelazione.
Bisogna ammetterlo: non siamo ancora pronti per uno Zarathustra, in quanto siamo stati definiti, non a torto, da Nietzsche come figli o esponenti di un “ultimo uomo”, un “uomo bruto”, “pulce della terra”, duro a morire perché in antitesi con la nuova umanità. In questa ricerca per una nuova ontologia dell’esistente, siamo soltanto un momento, anche se necessario. Come Paolo di Tarso, Nietzsche scelse d’intonare il Verbo della divinità, sterilizzandolo in canto della salvezza. L’ annuncio di un’escatologia che la Storia, erroneamente, ha sublimato come movente ideologico del Terzo Reich. Torto imperdonabile a un gigante del libero pensiero, a un Maestro che, con lr sue parole, ha consegnato ai posteri un mirabile discorso in difesa dell’umanità.