Letteratu.it

Il “Secretum” di Petrarca, l’analisi di un tormento interiore senza fine

Ci appare superfluo mettere in luce lo straordinario spessore di una personalità come Francesco Petrarca.

Padre della lingua italiana – e in ciò in illustre compagnia con Dante e Boccaccio – il poeta aretino segna il ‘300 della letteratura italiana, consegnando alla posterità un Canzoniere eccelso e tanti, tanti spunti che sembrano lanciare un ponte verso il mondo moderno, che egli, in qualche modo, anticipa.

Spesso ci si chiede cosa vi sia dietro una personalità di tali dimensioni e spessore, cosa ha portato alla creazione di quelle opere destinate a non tramontare mai. Oppure più semplicemente quali siano i suoi pensieri, come si possa presentare l’universo interiore di un personaggio così… Ecco, pensiamoci: chi era veramente Francesco Petrarca?

Siamo abbastanza vicini ad una – seppur parziale – risposta. Ce la fornisce un’opera nota con il titolo di Secretum (ma il titolo originale è De secreto conflictu curarum mearum), non destinata, nelle intenzioni dell’autore, alla pubblicazione (è quì il punto!). Composto nel 1342-43 secondo alcuni, nel ’47 per altri, il Secretum appare tuttavia  per la prima volta in stampa nel 1473.

Come possiamo definire quest’opera? Difficile a dirlo. Certamente, è quanto ci sia di più vicino ad un diario personale. È un vero e proprio specchio della natura intima di Petrarca, dei suoi mai sanati conflitti interiori.

Il Secretum è strutturato come un dialogo in tre libri  – in lingua latina – tra Francesco Petrarca, appunto, e Sant’Agostino, alla presenza della Verità silenziosa. Agostino e Francesco, in realtà, non sono due persone diverse, piuttosto le due personalità di Francesco, in perenne contrasto tra di loro: Agostino è la parte sana, virtuosa, protesa nello slancio verso Dio, verità assoluta; Francesco è, invece, la parte “malata”, l’uomo tormentato dai vizi, che conosce sì la strada giusta da seguire, ma che non riesce a percorrere. Il perchè è semplice: come noi tutti, anche Francesco è distratto dai beni terreni, dal loro fascino e dalla loro vanità. Francesco, come detto, sa di sbagliare, ma non ha la forza di intraprendere la faticosa strada che porta al soddisfacimento dei beni spirituali.

Il primo libro si conclude così all’insegna del silenzio. È nel secondo e nel terzo che si scende a fondo nella lucida ricerca dei vizi: la superbia, l’avarizia, la lussuria, l’accidia. E poi le catene a cui Francesco è legato, principio di ogni male: l’amore per Laura, la Musa del Canzoniere, e la gloria. Splendia la sentenza di Agostino sull’azione dell’amore:

a Creatore ad creaturam desiderium inclinavit

Laura, cioè, è diventata l’oggetto del desiderio. L’amore, un tempo rivolto a Dio, ora è tutto per la donna.

La grandezza del dialogo sta nel lasciar sospese queste contraddizioni, che non trovano una soluzione definitiva. Proprio come accade spesso a noi. Il Secretum è la prima opera in cui l’autobiografia non si erge a valore assoluto.