Nella brevità labbatiana, una biografia kubrickiana:
BELA LUGOSI:
Morì “nascendo” in Ungheria, depredò la morte del suo personaggio sofista, coprì il nomadismo dei circhi sdoppiando la sua identità, per poi quietarsi nella buffoneria comportamentale del suo Io: Dracula.
La comica intrusione dell’apertura delle braccia trascinanti il mantello, il viso beato mortificato dalla morte di un pipistrello; la assoluta, disadattata, metafisica della sua realtà coincidente con la sua alterna ( chiaramente poi primaria), trasposizione del Conte. Una pirandelliana attività di scambio surrealistico: il viso di Bela per il viso di Dracula. Una disarticolazione del sogno-incubo, sviluppatasi nella rispettosa intimità di chi anela una metamorfosi, ma ne è pars, non smantellante, bensì integrante del significante purissimo.
Dal frac, all’occhio bianco!
Bela s’era detto Dracula, eppure tradiva un mefitico fulgore del Male per rifugiarsi in una splendida Verità sul concetto di maschera: fare orge di sangue in assoluta solitudine. Con ciò s’avverte che Bela ebbe una partecipazione a Dracula, viscerale… dove la carne dentro l’anima s’arrendeva al complesso del fascino per farsi, giustamente, fucilare dalla paura di chi si dichiara “personaggio sotto un nome”. E nello spirare ultimo una dichiarazione “realizza” il suo Essere mortuario-vivente, dicendosi immortale, portando pipistrelli nel corridoio dell’ospedale, e pertanto chiudere la porta alla metafisica che alcuni fanno scadere nel cinema-Vita e tuttavia aprirla allo sviluppo pessoiano di quel che non siamo e che gridiamo la notte d’essere: parenti kubrickiani di Dracula.
Era Dracula!!
Leggete Franzosini: “un Kubrick delle biografie” tendente alla magia zingaresca della parola. Magia che ha come elementi “consequenziali”: parola-> realtà-> personaggio greco->IO carnale-surrealistico.
Un Amen mortuario.