Se fossi capace al momento di dare una qualsiasi definizione di felicità, credetemi, ve la darei. Ma è assai difficile, per me, parlare di un concetto così astratto e così poco vicino alla mia esperienza di vita. Ecco perché ho deciso di provarci attraverso un libro che ho trovato ispirante, arguto e provocatorio.
“L’esistenza è come una pietra che cade nel pieno della corrente del fiume. I suoi angoli acuti, gli spigoli con il tempo sono levigati dall’esperienza e dall’esistenza”
Mauro Corona
Questa è la storia di un amore. Questa è la storia di un viaggio. Questa è la storia di chi ha imparato che a volte le cose cambiano, ma solo se cambi il modo in cui le guardi.
Una donna si muove, a passo svelto ma cauto, in una stanza fitta di statue. Ognuna di queste sculture rappresenta per lei un pezzo di vita. Esse non sono che uno specchio in cui l’anziana donna non può far altro che guardarsi, in memoria degli anni ormai passati.
L’uomo che ella amava le ha lasciato in dono l’unica cosa non scalfibile dal tempo. Legno intarsiato, perfettamente lavorato grazie alla lama di un coltello. Legno morbido, legno immobile. Come i sentimenti che li hanno legati, l’uno all’altro, come quell’amore che non cede il passo al tempo, che non muta come fa un “sasso nella corrente”.
L’unico modo possibile per far si che ciò che, nella vita, ci trapassa e ci segna non vada perduto, è liberarsene. Affidare i più bei ricordi a qualcuno che sappia tenerli con cura, qualcuno che non sia l’uomo. Un essere eternamente insoddisfatto e costantemente alla ricerca di una felicità ambita ma mai sentita. Chi, meglio della natura, può essere custode del più spontaneo dei sentimenti?
Un canto d’amore, un inno alla semplicità, una ballata sulla vita. “Come sasso nella corrente” è questo e molto altro ancora. Mauro Corona racconta, attraverso le sue esperienze, il punto di vista di un uomo che, a sessant’anni, riesce a sentirsi un po’ saggio, consapevole dell’incostante equilibrio di ogni essere umano rispetto a se stesso e al mondo che lo circonda. La metafora del contrasto è evidente, la negazione della vita ne porta lo svilimento, il conflitto con la natura ne causa la reazione. Non bisogna dar la caccia alla propria ombra, ne verrebbe fuori uno stupido balletto sul posto.
Qual è dunque il limite verso cui possiamo spingerci prima di dichiararci completamente schiavi dei nostri bisogni?
Il pensiero di Corona appare puro ma forte, il suo è un grido a chi ancora non è saturo. Saturo di combattere la vita. Per la ricerca di una meta irrazionale e astratta, madre di annichilimento e rabbia. Ed ecco venir fuori avidità, invidia, possessività: tutte conseguenza di un’insoddisfazione congenita mal curata.
Un libro intenso, costruito bene, a tratti poetico. Chapeau.