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“Il Candelaio”, la summa dell’arte e della filosofia di Giordano Bruno

Nato in Campania, a Nola, nel 1548 e morto tragicamente a Roma il 17 febbraio del 1600, quando fu arso vivo sulla piazza di Campo dei Fiori, Giordano Bruno è una delle personalità più forti, ingombranti e carismatiche del XVI secolo.

Frate dell’ordine dei Domenicani, filosofo dall’acuto ingegno e scrittore, Bruno è divenuto un simbolo universale, martire della libertà di pensiero. Fu condotto al rogo con la lingua imprigionata in una morsa, perchè non potesse parlare, estremo segno della negazione alla libertà di parola. Ci piace pensare che, se così non fosse stato, Giordano Bruno avrebbe gridato fino all’ultimo istante di vita la sua verità, troppo relativa e relativistica per essere accettata da quei tempi.

Una parte di quella rivoluzionaria visione, presente in gran parte nei trattati in lingua latina e nei dialoghi cosmologici e morali, permea anche le pagine de Il Candelaio, commedia in volgare scritta e pubblicata a Parigi nel 1582. Il filosofo nolano adopera la scrittura drammaturgica come strumento per analizzare la varietà  dei comportamenti, lente d’ingrandimento per mettere a fuoco vizi e follie della società.

Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s’annichila

È un aforisma dell’opera, che ben mette in luce il senso del pensiero dell’autore: nulla è fisso e assoluto, il mondo è dominato dalla necessità della mutazione. Gli schemi classici della commedia, canonizzati da Aristotele, vengono completamente sconvolti. Ad uno sviluppo lineare, basato su una sola vicenda, si sostituisce un intreccio di tre storie parallele; le unità di luogo e di tempo non esistono più.

La commedia ruota attorno alle avventure di Bonifacio (è lui il “candelaio” per esplicite abitudini omosessuali!), che trascura la moglie Carubina per dedicare le proprie attenzioni alla cortigiana Vittoria; di Bartolomeo, alchimista tutto preso dalla passione per i metalli e dall’illusione di trasformarli in oro; e di Manfurio, pedante maestro di grammatica che vive in una realtà tutta sua. Su tutti si erge la figura di Gioan Bernardo, il pittore che organizza le beffe ai danni dei tre personaggi.

La follia dei personaggi della commedia si sprigiona con una forza, misto di cinico e grottesco, rara nella storia del teatro italiano. Di fronte a questo mondo senza ordine, in continua mutazione, la scrittura di Giordano Bruno reagisce con un risata sarcastica che contiene in sè la consapevolezza della fragilità dei confini tra realtà e finzione, ragione e pazzia. E sembra, in definitiva, riconoscere la necessità della violenza cieca che regna sulle cose e che ben si palesa nel lessico, molto materiale, spesso “crudo”, ma che ha indubbiamente contribuito alla fama imperitura della commedia.