«L’Alchimia è una scienze antichissima. Molti, anzi, la considerano eterna e, come tale, priva di una vera e propria storia. [..] Le origini di questa scienza risalgono alla notte dei tempi perché nell’Alchimia si nasconde il fulcro di quella “Tradizione Universale” che è alla base di tutte le religioni. Una scienza spirituale dunque…»
La citazione è d’obbligo poiché racchiude il cuore di un romanzo che ha colpito la mia attenzione per diversi aspetti, tra cui, forse, il fatto di trattare un argomento così aspro come quello dell’esoterismo. E, nell’affacciarmi ad una scienza a tratti lontana dalle mie conoscenze e dai miei interessi, ho scoperto la penna di un autore non troppo conosciuto ma assolutamente degno di nota. Il romanzo è “La tela degli Dei” e la firma è quella di Lucio Schina.
Siamo agli inizi degli anni ’70, Davide è uno scrittore alle prese con la difficile stesura del suo nuovo romanzo che finisce per logorarlo giorno dopo giorno. Ogni parola non è quella giusta, ogni ricerca è vana, ogni notte è insonne. L’unico sollievo, se non aiuto, sono le visite di un amico, Matt, che riescono ad alleggerire il pesante fardello che Davide ha scelto di portare il giorno in cui ha iniziato a scrivere la sua “più grande” opera. Matt ascolta, consiglia e capisce Davide in un modo che nessuno riesce a fare, anche quando quest’ultimo cerca di spiegargli la fine dell’amore con la sua amata Brenda.
Apriamo una porta.
Siamo alla fine del XIX secolo, Eva è un’artista, anticonvenzionale, indipendente e passionale. Dipinge, e lo fa così bene da riuscire a vendere le sue opere ad occhi chiusi. La sua è una vita vissuta al limite e che si tratti di sentimenti e che si tratti della sua passione per l’arte. Eva non chiede, prende, ottiene e trasforma. Sino a quando non decide, finalmente, di cominciare la sua opera più importante, quella che sente di dover dipingere da sempre… La tela degli dei.
Uno scrittore e una pittrice. Due artisti apparentemente distanti nel tempo e nello spazio. Due anime alla ricerca di qualcosa che, come ferro caldo, fatica a spegnersi nei ricordi.
Fino a dove riusciranno a spingersi pur di porre fine alle proprie assenze?
Un romanzo breve e originale nella storia. I personaggi sono ben caratterizzati e i luoghi e i tempi risultano volutamente astratti e impercettibili. La narrazione rende a volte difficile la collocazione e l’attribuzione dei pensieri ma, in un romanzo del genere, spero sia d’obbligo.
Unica nota negativa? La velocità nell’introduzione del finale e, dunque,dell’alto valore simbolico ad esso connesso. Una mancanza che danneggia poi anche l’impeccabile e curato stile narrativo.